Maria Luisa Suprani Querzoli
Il pensiero della
Grande Guerra rimanda inconsapevolmente alle immagini d’epoca che ritraggono
uomini impegnati allo stremo delle forze. Le imprese di alcuni, memorabili per
arditezza e valore, rimangono in qualche
modo ancorate alla percezione di quel mondo in
bianco e nero, distante dal tempo presente.
Giuseppe
Musinu[1], Comandante
del 2° Battaglione del 152° Fanteria ‘Sassari’, rappresenta l’essenza del
valore militare espresso dal Soldato italiano nella Prima Guerra Mondiale.
La
fierezza del suo assetto lo rese capace di risultare impermeabile sia ai pericoli
che l’audacia dell’azione comportava, sia alle insidie della retorica, tesa a
celebrarne successivamente le gesta. Per nulla interessato a pubblicare le sue
memorie, preferì serbare nei ritmi lineari della quotidianità la sua visione
del mondo e della guerra.
Non
meraviglia quindi che il ricordo di una figura così vicina ai canoni militari
del mondo antico risulti legata prevalentemente alla testimonianza orale,
conservata attraverso trascrizioni di brani delle interviste da lui rilasciate
e registrazioni audiovisive presenti tuttora in rete[2].
L’intervista televisiva, realizzata in
occasione del suo centesimo compleanno, esaurite le domande di rito inerenti all’età
ragguardevole, vira rapidamente sulla sua
esperienza di guerra. La paura della morte[3] viene
superata dalla chiarezza morale del Soldato capace di concentrarsi, senza la
minima enfasi, sulle priorità essenziali, ovvero sulla difesa della
collettività di cui è parte[4]: «Chi è
in guerra mette la propria vita a disposizione della Patria e per me la Patria
è più di me»[5].
La stessa visione nitida scolpisce il concetto di ‘coraggio’, a cui è sotteso
«il senso del dovere, fatto anche se tu devi morire»[6].
Fiero
della sicurezza che il supporto della sua compagine sapeva fornire ai Soldati
al fronte («Erano tanto contenti i compagni nostri, perché andavamo da una
linea all’altra ed erano contenti che la Brigata Sassari fosse presente perché
la Brigata Sassari dava un senso di tranquillità e di sicurezza»[7]), seppe
proteggere i propri uomini («Io cercavo di fare quel che dovevo fare cercando
di risparmiare i miei più che potevo e ci riuscivo perché i soldati che erano
allora col Maggiore … Capitano Musinu facevano bene il proprio dovere. Però io
ero con loro, eh»[8].
«I soldati ci stavano a sentire, non c’era bisogno di comandare. Noi eravamo lì
davanti con l’esempio e loro seguivano»[9]) e, al
contempo, esigere da loro senza riserve («Non ero tanto molle»[10]).
A
conclusione dell’intervista, un applauso prolungato e riconoscente saluta chi,
in modo essenziale e scabro, ha dimostrato nella massima semplicità che la
vittoria nasce da una visione nitida delle priorità da cui il valore morale
trae alimento.
[1]
Giuseppe Musinu, Generale di Corpo d’Armata (Thiesi, 22 marzo 1891 - ivi, 4 aprile 1992).
[2]
Il riferimento è all’intervista al Generale Giuseppe Musinu presente
all’indirizzo www.youtu.be/o_ytrMoUUU9A.
[3]
«…
la paura è un fatto personale. Si può averla o no. Si sapeva che dovevamo
rimanere là e le pallottole come arrivavano per gli altri potevano arrivare
anche per me. La paura non poteva aiutare, allora tanto valeva metterla da
parte» (brano di una testimonianza orale del Generale Musinu in Giuseppe Musinu in
www.brigatasassari.it).
[4]«Patria
è la collettività nella quale vivo anch’io»(Giuseppe Musinu in www.youtu.be/o_ytrMoUUU9A).
[5]
Ibidem.
[6]
Ibidem.
[7]
Ibidem.
[8]
Ibidem.
[9] Brano di una testimonianza orale del Generale
Musinu in Giuseppe Musinu in
www.brigatasassari.it.
[10]
Giuseppe
Musinu in www.youtu.be/o_ytrMoUUU9A.
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