giovedì 29 luglio 2021

Francesco Baracca: Dalla Cavalleria All'Aviazione

 


Maria Luisa Suprani Querzoli


 

Il nove maggio del 1888 nasceva a Lugo di Romagna Francesco Baracca, futuro Asso dell’Aviazione militare italiana.

La vita di paese nell’Ottocento era scandita dai ritmi della natura e ogni evento capace di interrompere la prevedibilità propria di quell’ordine veniva accolto con grande meraviglia e conservato dall’eco dei ricordi. Proprio a Lugo nel 1878 un aeronauta aveva sfidato la forza di gravità innalzandosi in cielo sul suo globo aerostatico (salvo poi precipitare nelle campagne circostanti)[1]. Nel 1904 in occasione della festa del Re Vittorio Emanuele III un’imponente rivista militare a cui parteciparono ben ottomila uomini[2] coinvolse la cittadina romagnola: Francesco Baracca, sedicenne, ebbe modo di assistervi e probabilmente ne conservò un’impressione tale da indirizzare le sue scelte future, incurante delle reazioni del padre e dello zio militare[3] non proprio concordi con il suo intento già ben radicato. Gli studi non riuscirono a diminuire la sua passione per il movimento: alla sua predilezione per cavalli si affiancò l’interesse per le moto.

Conclusi gli studi alla Scuola Militare di Modena, proseguì la formazione alla Scuola d‘applicazione di Cavalleria di Pinerolo, culla della tradizione sabauda, dove l’ambiente dalle frequentazioni internazionali accrebbe di molto le sue prospettive. La cittadina piemontese conservava in quegli anni viva memoria della figura brillante di Federico Caprilli, scomparso prematuramente in circostanze mai del tutto chiarite. Oltre che Ufficiale di Cavalleria capace di sovvertire rapidamente con il suo Sistema Naturale di Equitazione  i canoni obsoleti ancora in auge, Caprilli fu addentro all’ambiente che vide la costituzione dell’Automobile Club d’Italia e la fondazione della FIAT: in lui, la vocazione al movimento propria della Cavalleria si rivolgeva con autentico interesse agli sviluppi tecnologici che avrebbero informato il nuovo secolo appena agli albori.

Francesco Baracca seppe farsi portatore di tale eredità impegnativa.

Nel 1911 a Tor di Quinto, durante un’esercitazione a cavallo, si trovò ad assistere a un incidente di volo che si rivelò letale per Raimondo Marra, pilota impegnato nella prova dei sei giri del Tevere pressoché suo coetaneo: la conquista dell’aria, a pochi anni dal fatidico 1903 (anno legato all’invenzione dei fratelli Wright) iniziava a suscitare un interesse e a esercitare un fascino difficilmente descrivibile. Gli inevitabili incidenti costituivano quasi nell’immaginario collettivo il sacrificio necessario per compensare la conquista del cielo, pregna di fortissime valenze simboliche, prossime al mito. Anzi, il pericolo accresceva il fascino: «[a] Mirafiori, quando arrivammo, si vedeva già qualche aereo per il cielo. Noi si stava a guardare a bocca aperta e ci sembrava un miracolo. Quei pochi piloti che vi erano, a noi allievi, non sembravano degli uomini ma dei semidei. Spesso si sentiva parlare di disgrazie mortali, ma ciò aumentava per noi di più il loro prestigio»[4].

L’interesse nei riguardi del volo trovava però un argine tenace nella diffidenza; l’impiego dei velivoli per scopi militari venne poi decisamente sottovalutato nonostante la voce di Giulio Douhet si levasse alta, a sostegno delle prospettive future (che si delineavano già distinte al suo sguardo) dell’arma aerea.

Francesco Baracca, conquistato dalle potenzialità che intravvedeva nella sua scelta, nel 1912 si recò a Parigi (tacendone alla madre, preoccupata circa tale eventualità) per conseguire il brevetto: «[q]ui a Reims volare è la cosa più normale di questo mondo ed ho avuto per questo un senso di sollievo poiché in Italia si considerano gli aviatori ancora come dei pazzi o almeno dei temerari»[5], confida al padre.

L’ingresso in guerra dell’Italia avvenne fra molteplici criticità di ordine diverso che non mancarono di riversarsi anche sull’ l’Aviazione, allora ai primordi. L’urgenza dettata dalle necessità ridusse però i tempi necessari all’assimilazione delle novità tecnologiche: «[v]i sono in paesi qui vicino moltissimi reggimenti di cavalleria e vengono spesso miei colleghi a vedere gli apparecchi e mi invidiano perché io posso fare azioni utili col mio apparecchio mentre per ora i regg. di cav. sono qua tutti inutilizzati»[6] scrive Baracca a pochi mesi dall’inizio del conflitto.

Le parole dell’allora Tenente Baracca colgono il momento in cui l’Aviazione subentra alla Cavalleria e, soprattutto, in cui la diffidenza si muta in quella considerazione generale nei riguardi del volo che di lì a breve avrebbe dato luogo ad una trasformazione irreversibile, non solo in ambito bellico.



[1] Le informazioni riguardanti l’ascensione di Raffaele Rossini sono state tratte dalla mostra I Lughesi e il sogno del volo (Biblioteca ‘Trisi’ di Lugo, 4 maggio – 15 giugno 2019).

[2] Cfr. E. Iezzi, Francesco Baracca. Luci e ombre di un grande Italiano, Lugo: Walberti, 2008, p. 12.

[3] Cfr. Lettera di Gaetano Chetoni a Francesco Baracca, Catanzaro, 24 luglio 1907 in Archivio Storico dell’Aeronautica Militare, archivio di persona Francesco Baracca: lettera 2.

[4] G. Aliperta, Memorie di volo e di guerra, Bari: Arti Grafiche Favia, 1976, p. 12.

[5] Lettera di Francesco Baracca al padre, Reims, 5 maggio 1912, Museo del Risorgimento di Milano, raccolte storiche: cartella n. 36, n. reg. gen. 31941.

[6] Lettera di Francesco Baracca alla madre, Campoformido, 28 agosto 1915, Biblioteca ‘Trisi’ di Lugo, fondo Baracca, Corrispondenza: faldone I, fascicolo B, documento 19.

mercoledì 28 luglio 2021

Luigi Cadorna e l'inizio della Grande Guerra

 

Maria Luisa Suprani Querzoli

Un doloroso crescendo – Le lettere famigliari del Generale Cadorna  (maggio – giugno 1915)

 

In un periodo storico come quello contemporaneo, teso a cancellare le memorie del passato senza preoccuparsi prima di averle adeguatamente rielaborate, varrà la pena riflettere sulla figura del Capo di Stato Maggiore, Generale Luigi Cadorna. Egli, sotto più aspetti, può essere considerato il custode della tradizione militare italiana e nelle sue lettere indirizzate alla famiglia si può riscontrare l’ampliarsi della consapevolezza collettiva di fronte a sfide mai prima considerate.

Nemmeno la divinazione napoleonica sarebbe potuta accorrere in soccorso in un frangente così critico: non si trattava infatti di intuire tempestivamente le strategie avversarie bensì di rapportarsi con una realtà (peraltro comune a tutti, alleati e nemici) capace di stravolgere le fondamenta e le coordinate sulle quali la tradizione militare si era sedimentata da tempo immemorabile. La velocità artificiale (l’Aviazione, capace in tempi strettissimi di assumere i compiti propri in precedenza della Cavalleria, ne costituisce il simbolo) e la potenza dei nuovi materiali costituirono il fattore destabilizzante che condusse al contrappasso di una stasi mortifera.

Le interlocutrici del Generale sono, in larghissima misura, la moglie e le figlie.

 

24 maggio 1915[1]

[…] Notizie buone. Pare che si arriverà all’Isonzo senza forti contrasti. […] E avanti sempre!

Udine 26 maggio 1915

[…] Si sentiva tuonare il cannone di una batteria austriaca. Incontravamo alpini e bersaglieri da tutte le parti: magnifiche truppe piene di entusiasmo. […] Le cose finora vanno bene. Ho trovato molto ordine e buono spirito fra le truppe ed ordine anche nelle interminabili colonne carreggio. Tutto lascia sperare che le cose andranno bene. Ma ci vuole tempo e pazienza perché le operazioni sono lente e difficili.

31 maggio 1915

[…] Andai stamane a visitare all’ospedale una sessantina di feriti tra cui otto ufficiali. Avevano tutti il morale elevatissimo ed esprimevano il desiderio di ritornare al fronte. […]Tuttociò vale ad ispirare molta fiducia, anzi sicurezza che le cose andranno bene […].

31 maggio 1915

[…] Sissignore, sto proprio bene e sono tranquillissimo.

3 giugno 1915

[…] mi duole che Mamà si impressioni. Pensi che molte famiglie hanno i loro cari più esposti di noi.

8 giugno 1915

Carissimo [Raffaele], […] Io sto benissimo, non dormo molto, ma tutti mi riconoscono lo spirito tranquillo, altrimenti guai! […] Con questo passaggio dell’Isonzo ho un problema molto arduo per le mani, come prevedevo a Roma, per grande difficoltà di terreno e perché le batterie austriache sono così bene defilate e disseminate che è difficilissimo stabilirne la posizione. […] L’attacco è stato ben studiato e preparato e speriamo, prima di notte, di rendermi padrone di quelle posizioni il cui possesso facilita il passaggio dell’Isonzo.

 

Il 9 giugno 1915 il generale Cadorna «“grida a voce spiegata che se con due corpi d’armata e tanta artiglieria non si riesce ad aggirare e prendere il Podgora, è meglio tornare a Milano!”. […] Cadorna “guarda accigliato la battaglia”. […] il Generale Mambretti l’ha incaricato [il dottor Casali, medico a latere del Capo di Stato Maggiore] di dire a Cadorna, che fino a ieri sera sperava di riuscire a prendere la Podgora con le forze presenti, ma ora non spera più: “occorre qualche compagnia di minatori che compia dei lavori da talpa”, e così procedere lentamente, metro per metro, come i francesi ad Arras. Casali torna a Udine e riferisce. Cadorna risponde che questa “è guerra antipatica, diversa da tutte le altre, e ne è assai scontento. Dice che il valore personale è in questo modo spento e l’entusiasmo smorzato: questa è una guerra di insidie e di piccoli e grandi tradimenti e imboscate”»[2].

Il diaframma fra ambiente militare e sfera privata inizia ad assottigliarsi; qualche dettaglio inizia a trapelare anche nel dialogo con la figlia:

 

10 giugno 1915

[…] Le cose procedono bene, ma con difficoltà grandi: ovunque si avanza e ci si imbatte in trincee preparate di lunga mano, reticolati, batterie ben nascoste, mobili e difficili da identificare per poterle battere. Donde deriva che, anche con grande superiorità di mezzi, l’avanzata è molto lenta ed è d’uopo procede con metodo per evitare perdite inutili e scacchi parziali. È una guerra dove l’effetto di qualunque genialità è scomparso perché l’attuazione di qualunque idea geniale si basa sulla rapidità di manovra e questa si infrange contro ogni buon sistema di trincee e reticolati.

 

L’iter di Cadorna testimonia le fasi iniziali e meno gratificanti del processo morale e tecnico che condurrà alla vittoria.

Disconoscere acriticamente l’operato del Capo di Stato Maggiore e cancellarne la memoria denotano l’incapacità, dannosissima, di assimilare le lezioni apprese.

 



[1] I brani delle lettere citate sono tratte da L. Cadorna, Lettere famigliari (a cura di Raffaele Cadorna), Milano: Mondadori, 1967, pp. 104 – 107.

[2] P. Pieri, G. Rochat, Badoglio, Torino: UTET, 1974, pp. 62 – 63.

lunedì 19 luglio 2021

Maria Luisa Suprani Querzoli. Luigi Capello un autoritratto giovanile

 



La vis che contraddistinse il pensiero e l’agire del generale Luigi Capello non consente un’analisi neutrale: i detrattori e i sostenitori, allora come oggi, sono mossi da «odii inestinguibili ed amore indomito», come sintetizzò alla Camera durante la discussione sull’Inchiesta[1] il deputato generale Marrazzi, già divisionario del Comandante della II Armata[2]. Queste reazioni difficilmente conciliabili trovano una pluralità di argomenti pro e contra atta ad autoalimentarsi.

Parrebbe opportuno, più che schierarsi, orientarsi verso la comprensione della figura di Capello al fine di diradare ogni possibile fonte di equivoco e, soprattutto, di favorire il delinearsi di una riflessione produttiva. Più che affrontare gli aspetti salienti del pensiero strategico del Generale esplicitati durante la Grande Guerra, gioverà soffermarsi quindi sugli anni giovanili di Capello al fine di individuarvi i tratti del temperamento in grado di offrire una maggior comprensione del suo assetto.

Il racconto autobiografico Il mantello di S. Antonio, scritto durante i primissimi anni della detenzione (1925 – 1927), denota una spiccata capacità di autocritica, lontana da intenti autocelebrativi o assolutori:

 

Il nostro ufficiale, come abbiamo detto, non era troppo in contrasto col regolamento: forse le dimensioni della sua uniforme non erano tutte conformi alle prescrizioni della stretta ordinanza, ma non vi era, come si è detto, nel suo vestito alcuna esagerazione: […] era un ufficiale serio e amante del decoro. […] Non aveva ancora vent’anni; la fronte spaziosa e lo sguardo acuto ne dimostravano la vivezza dell’ingegno e la maschia volontà, mentre certe espressioni degli occhi buoni e leali attenuavano la durezza dei tratti, temperandola con una leggiera tinta di malinconia. Le spalle larghe, le braccia forti e le mani vigorose denotavano l’appassionato per gli esercizi sportivi e dimostravano la forza fisica in armonia colla forza morale che traspariva dal complesso della sua figura.

Malgrado che la sua attitudine desse l’idea del riposo o magari della noia, tuttavia era attentissimo ai particolari del servizio e nulla sfuggiva al suo sguardo penetrante e mobilissimo. […] I soldati ben lo conoscevano … era buono e giusto, ma rigido.

Egli pareva pensieroso. Uscito da meno di un anno dalla Scuola di Modena aveva già la febbre della carriera. Erano quelli tempi tristi. Il corpo degli ufficiali, specie della fanteria, non era né il più omogeneo né il più brillante. […] Le condizioni di carriera, lo abbiamo detto, erano disastrose. Vi era la prospettiva di rimanere subalterni per una ventina d’anni […]. Dotato di ingegno vivace, di prodigiosa memoria, di ferma volontà e sofferente d’indugi pensava all’avvenire. […] fin dai primi giorni della sua nomina ad ufficiale aveva ripreso lo studio frequentando biblioteche e qualche corso all’Università.

Per i suoi compagni era un solitario […]; preferiva passatempi seri anziché le sedute al Caffè dei Servi dove la maggior parte dei subalterni passava lunghe ore a bere o a giocare interminabili partite a bestia o al piattello …[3]

 

Gli stessi tratti, visti da prospettive diametralmente opposte, compariranno nelle descrizioni accese della nutrita schiera di detrattori e sostenitori.

L’assetto costantemente dissonante  di Luigi Capello trova giustificazione nella riflessione di Niccola Marselli[4] il quale, amareggiato, constatava un progressivo impoverimento culturale all’interno dell’Esercito dovuto all’esodo dei giovani più brillanti, attratti dalle molteplici prospettive professionali che si erano venute delineando.

 

Qual n’è la causa? L’immenso sviluppo delle occupazioni intellettuali, che ha strappato alla professione delle armi i migliori ingegni. In Inghilterra, per esempio, ove sono aperti grandi sbocchi all’attività intellettuale, industriale e commerciale, quasi sempre che se un padre ha un figliuolo di molto ingegno lo destina ad una di quelle professioni cui l’utile è proporzionale all’abilità; ma se ne ha uno mediocre, lo fa soldato o prete. Le cause che hanno promosso l’ingrandimento della classe intellettuale hanno altresì creato l’antagonismo fra essa e quella militare; cioè l’antagonismo tra il pensiero e l’azione, tra l’intimo e l’estrinseco, tra il ragionamento e la violenza, tra la persuasione e la forza; o, per riassumere, tra coloro che vivono con le arti della pace e coloro che col mestiere delle armi.[5]

 

Luigi Capello desiderava ardentemente dedicarsi agli studi scientifici.

Si trovò  invece a dover seguire il volere paterno dettato dalla necessità[6] e lo fece in un’ottica manzoniana, con influenze notevoli sui destini dell’intero Paese.

 



[1] Il riferimento è alla Commissione d’Inchiesta (R.D. 12 gennaio 1918, n. 35) sulle cause che determinarono il ripiegamento sul Piave.

[2] L. Capello, Per la verità, Milano: Fratelli Treves Editori, 1920, p. 95.

[3] Brano tratto dal racconto autobiografico Il mantello di S.Antonio in D. Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, Ravenna: Longo, 1999, pp. 27 – 28.

[4] Niccola Marselli (Napoli, 5 novembre 1832 – Roma, 26 aprile 1899) fu storico, politico, Generale di Corpo d’Armata e insegnante alla Scuola Superiore di Guerra di Torino.

[5] N. Marselli, La guerra e la sua storia, Torino: Tip. Ed. E. Schioppo, 1930, pp. 97 – 98.

[6] Cfr. D. Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, cit., p. 26.

venerdì 9 luglio 2021

Austria-Ungheria. Esercito Comune. 1914-1918 Corpi d'Armata nel 1916

 


1916

 

XVIII Korps, corpo di armata austriaco, costituito con la 9a Divisione di Fanteria e 44a Divisione di Fanteria Landwehr, inquadrato nella 2 Armee sul fronte russo nella primavera del 1915.

XIX Korps, corpo di armata austriaco, costituito con la 34a e 29a Divisione di Fanteria, inquadrato nella 2 Armee sul fronte russo nella primavera del 1915.

XX Korps, corpo di armata austriaco, costituito in Trentino all’inizio di marzo del 1915, con l’organico del XIV KOrps temporaneamente sciolto, per essere impiegato nella “Strafexpedition”, al comando del FML, arciduca ereditario Karl, inquadrato nell’11 Armee del Gruppo d’esercito arciduca Eugenio. All’inizio del 1917 questo tornò ad essere il XIV KOrps originario e il numero vacante fu assegnato al nuovo XX KOrps, comandato dal Gdl Josef Roth e composto dalla 90° ID e la Division Pustertal, inquadrato nella 11 Armee.

XXI Korps, corpo di armata austriaco, costituito con la Landesschützendivision e la 44a Divisione di Fanteria Landwehr, nella primavera del 1916 partecipò alla “Strafexpedition”, inquadrato nella 3 Armee del Gruppo d’esercito arciduca Eugenio.

XXII Korps, corpo di armata austriaco, costituito nell’autunno del 1916 con la 53a Divisione di Fanteria e 26a Divisione di Fanteria Landwehr, e inquadrato nell’Armeegruppe Bernhardi del Gruppo d’esercito Linsingen, sul fronte russo.

XXIII Korps, corpo di armata austriaco, costituito all’inizio del 1917 con la 7a, 16a e 28a Divisione di Fanteria, e inquadrato nella 5 Armee sul fronte dell’Isonzo.

XXIV Korps, corpo di armata austriaco, costituito all’inizio del 1917 con l’11a Divisione di Fanteria e la 10a Divisione di Fanteria Landwehr, e inquadrato nella 4 Armee sul fronte russo.

XXV Korps, corpo di armata austriaco, costituito all’inizio del 1917 dalla rinominazione del Korps Hofmann, del quale aveva lo stesso comando e organico, si trovava sul fronte russo con la Deutsche Südarmee.

XXVI Korps, corpo di armata austriaco, costituito all’inizio del 1917 con la 15a Divisione di Fanteria e la 2a Divisione di Cavalleria, si trovava inquadrato nella 3 Armee sul fronte russo-rumeno.

 

SZURMAY, KORPS, corpo di armata SZURMAY, costituito nel novembre 1914 con la 7a Divisione di Fanteria, la 40a Divisione di fanteria Honved, l’8a Divisione di Cavalleria, la 128a brigata di fanteria népfőlkelő e 1a brigata ussari honvéd, inquadrato nella 3a Armee sui Carpazi; nel febbraio del 1917 diventò il XXIV Korps.

HOFMANN, KORPS, corpo di armata HOFMANN, costituito con la 55a Divisione di Fanteria, la 12a LstTerrBrig e la 131a brigata di fanteria, inquadrato nella Deutsche Südarmee sul fronte russo nella primavera del 1915.

CZIBULKA, KORPS, corpo di armata CZIBULKA, costituito con la 15a e 36a Divisione di Fanteria, inquadrato nella 7 Armee sul fronte russo nella primavera del 1915.

MARSCHALL, KORPS, corpo di armata MARSCHALL, costituito con la 30a Divisione di Fanteria, la 10a Divisione Truppe di Cavalleria e Deutsche 5a Divisione di Cavalleria, inquadrato nella 7 Armee sul fronte russo nella primavera del 1915.

LANDESVERTEIDUNGSKOMMANDO IN TIROL, composto nella primavera del 1915 dalla 91a Divisione di Fanteria, dalla 179a, 180a e 181a brigata di fanteria, dalla 51a, 55a e 56a GbBrig, dalla 50a, 52a, 53a e 54a HaBrig, schierato sul fronte del Tirolo meridionale, dallo Stelvio alla Val Pusteria.

BENIGNI, KORPS, corpo di armata BENIGNI, composto dalla 30a Divisione di Fanteria, 42a e 51a T Divisione di Fanteria Honved, 3a e 8a T Divisione di Cavalleria e dalla 5a T Divisione di Cavalleria Honved, nella primavera del 1916 si trovava sul fronte russo, inquadrato nella 7 Armee.

HADFY, Gruppe, unità a livello corpo di armata austro-ungarica, composto do dalla 21a Divisione di Fanteria Landwehr e 6a Divisione di Cavalleria, nella primavera del 1916 era inquadrato nella 7 Armee sul fronte russo.

KOSAK, Gruppe, unità a livello corpo di armata austro-ungarico, composto dalla 27a Divisione di Cavalleria e 4a Divisione di Cavalleria, nella primavera del 1916 era inquadrato nella 7 Armee, sul fronte russo; nell’autunno del 1917, composto dalla 35a, 57a e 60a Divisione di Fanteria, si trovava inquadrato nella 2 Isonzo-Armee.

FATH, KORPS, corpo di armata FATH, composto dalla 53a Divisione di Fanteria, 26a Divisione di Fanteria Landwehr e 90a LwlBrig, nella primavera del 1916 era inquadrato nella 7 Armee, sul fronte russo.

KÜHNE, KORPS, corpo di armata KÜHNE, liv Corpo di armata tedesco, comandato nell’autunno del 1916 dal tenente generale prussiano Viktor Kühne e composto dalla 11a divisione di fanteria bavarese e dallo stato maggiore della 301a divisione tedesca, da cui divendeva la 144a brigata di fanteria austro-ungarica, inquadrato nella Deutsche 9 Armee dell’Heeresfront Erzherzog Karl.

RUIZ, Gruppe, unità a livello corpo austro-ungarico, composto dalla 1a Divisione di Cavalleria e la Deutsche 218a Divisione di Fanteria, nella primavera del 1917 si trovava sul fronte russo, inquadrato nel Gruppe Gerok della 1 Armee.

SORSICH, Gruppe, unità a livello corpo austro-ungarico, composto dalla 71a Divisione di Fanteria e 70a  T Divisione di Fanteria Honved, nella primavera del 1917 si trovava sul fronte russo, inquadrato nel Gruppe Gerok della 1 Armee.

ERZH. PETER FERDINAND, Gruppekommando, costituito all’inizio del 1917 con la 93a Divisione di Fanteria e la 59a GbBrig, inquadrato nella 10 Armee sul fronte carnico.

PICHLER, Gruppe, unità a livello corpo di armata austro-ungarico, composto dalla 59a Divisione di Fanteria e 11a Divisione di Cavalleria Honved, nella primavera del 1917 si trovava sul fronte russo-rumeno, inquadrato nella 7 Armee.

KRAUSS, Gruppe, unità a livello corpo di armata austro-ungarico, costituito nell’autunno del 1917 per l’offensiva di Caporetto e composto dalla 3 “Edelwißdivision”, 22a Divisione Schutzen, la 55a Divisione di Fanteria e Jägerdivision tedesca, era inquadrato nella Deutsche 14 Armee.

SCOTTI, Gruppe, unità a livello corpo di armata austro-ungarico, costituito nell’autunno del 1917 per l’offensiva di Caporetto e composto dalla 1a Divisione di Fanteria austro-ungarica e la 5a Divisione di Fanteria tedesca, era inquadrato nella Deutsche 14 Armee.