Occorre armonizzare l'azione contro la fanteria con quella
intesa a demolire gli altri mezzi di offesa (osservatori, lanciabombe,
batterie, ecc.) cercando però sempre di
conservare il maggior numero di artiglierie per agire di sorpresa contro la
fanteria nel momento in cui si scopre per l'attacco; lo shrapnel è nella
difensiva il proietto principale. Nell'istruzione sull'impiego della
fanteria, un apposito capitolo fu dedicato al servizio di trincea dove, tra l'altro, si insisteva sulla necessità
di tenere in trincea le forze strettamente indispensabili, di curare la
sicurezza con poche truppe ma non stanche,
di garantire l'osservazione delle linee nemiche, di sviluppare le piccole azioni di trincea svolte da
pattuglie o da riparti audaci, di compiere i lavori fortificatori secondo
le tecniche prescritte e di avvicendare le truppe frequentemente.
Nella seconda metà del 1917 i tedeschi
impressero una nuova svolta all’azione difensiva: articolarono la posizione
difensiva in 3 zone aventi ciascuna una funzione diversa; organizzarono e
sistemarono le difese con maggiore riguardo all'idea direttrice della manovra
da condurre di volta in volta che non alle formule e agli schemi stereotipati
della dottrina; esaltarono la caratteristica della reattività destinando le
riserve per distruggere le penetrazioni anziché per riconquistare le posizioni
perdute. La prima zona - zona di
copertura che oggi denominiamo zona
di sicurezza - ebbe il compito di impedire e di contrastare la sorpresa ed
i colpi di mano; la seconda zona
di combattimento -
che oggi denominiamo posizione di
resistenza - quello di arrestare l'attacco mediante l'impiego degli
elementi attivi e passivi dispersi in
superficie, ma tatticamente bene collegati; la terza - che oggi denominiamo posizione di contenimento - scelta a non
meno di 3-4 km dalla seconda e organizzata e sistemata sommariamente, ebbe la
funzione di riserva fortificata per
impedire il dilagamento in profondità dell'attacco ad avvenuta rottura della
zona di combattimento. “La zona di combattimento è costituita di un complesso
di reti di trincee multiple, camminamenti, punti di appoggio, profondo parecchi
chilometri e diviso in settori, distanti l'uno dall'altro non meno di 3 km. La
differenza tra questa concezione fortificatoria e quella del 1916 è radicale.
Giova, ancora, avvertire che l'organizzazione di tali zone, più che dalle forme
del terreno, dipende dall'idea direttrice posta a base della manovra difensiva
prevista. Inoltre, circostanza assai importante, si ritorna sul concetto di
destinare numerose mitragliatrici nelle prime linee da tenere fortemente…. La
zona avanzata è portata, nel 1918, a più di 1.000 m., dove il terreno lo
consente e le truppe ad essa destinate - avamposti veri e propri - devono
essere appoggiate sul fianco della zona principale e ritirarsi di fronte al
progresso dell'attacco su quest'ultima a priori fissata” (53).
Siamo di fronte ad un modo nuovo
d’intendere la difesa al quale in breve tempo si uniformarono, nei criteri se
non nelle modalità, tutti gli eserciti della fronte occidentale e di quella
italiana ed al quale continueranno ad ispirarsi tutte le concezioni difensive
future tra la prima e la seconda guerra mondiale e dopo.
(Da Filippo Stefani, Stroia dedella Dottrian e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano):
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