La Brigata Alessandria ed il suo impiego.
Uno dei presupposti di ogni
vittoria passa dall’equilibrio tra l’immissione di nuove tecnologie e
l’aggiornamento della dottrina che ad esse si presuppongono. Se la Dottrina di
impiego è troppo avanzata, ed applicata con i vecchi mezzi, questa fallisce; se
i nuovi mezzi vengono adottati senza aggiornare la dottrina, si ha lo stesso
risultato.
L’Esercito italiano fino al 1916 si era mosso
“per via ordinaria” cioè a piedi, per scaglioni ed a tappe. I furieri sapevano
calcolare a vista i tempi di trasferimento e tutto era mandato ai sottufficiali
di inquadramento che dovevano mantenere costanze, senza il “famigerato
elastico” le colonne di marcia. Nel caso della Brigata “Alessandria” in quel 18
maggio 1916 si ebbe il classico caso di una applicazione della dottrina con i
vecchi criteri, a fronte di mezzi tecnologicamente innovativi. Infatti. La
brigata fu prelevata dalla sua zona di riposto il 19 mattina e con autocarri fu
trasferita in zona di operazioni sull’altipiano di Asiago nel giro di 24-36
ore. Era un vero e proprio miracolo “tecnologico”, che colse completamente di
sorpresa i comandanti che ricevettero questi rinforzi. Soprattutto il
comandante della 34a Divisione, che aveva ben chiara la situazione operativa.
Dal 15 maggio era stata lanciata l’offensiva austro-ungarica e tutta Europa ne
era a conoscenza che mirava a mettere fuori dalla guerra l’Italia. Sapeva bene
che la prima linea della sua divisione era ben guarnita, ma la seconda e la
terza linea erano scarsamente presidiate.
Preso dalla concitazione del
momento non esitò ad impiegare immediatamente i reparti della Brigata
“Alessandria” in arrivo via via che arrivavano, senza considerare le loro
condizioni e il loro status dopo un viaggio in camion ed una notte sicuramente
insonne, e sicuramente con viveri a secco.
Via via che gli scaglioni arrivavano venivano mandati a destra e a manca
a rafforzare postazioni che non erano ne conosciute ne riconosciute, e per
giunta di notte. Praticamente, come i fatti sterro a dimostrare, non servivano
a nulla. I soldati della Brigata Alessandria non erano in grado di dare in
quelle condizioni alcun contributo alla difesa. Sfortuna volle che l’attacco
austriaco si paleso proprio la mattina del 21 maggio in tutta la sua violenza e
ben presto furono tutti travolti, spezzettandosi ii combattimenti in tanti
episodi locali. La Brigata “Alessandria”
sarebbe stata molto più utile se, in modo compatto, a reggimenti uniti, fosse
stata schierata al comando del suo Comandante nell’area di Asiago, dove
inizialmente era stata destinata, qui schierata avrebbe avuto il tempo di
riconoscere le posizioni, schierarsi e quindi intervenire nelle successive
operazioni con molta più efficacia. Un grosso errore di comando che costo il
quasi annientamento della Brigata.
Nonostante l’errato impiego
dei reparti, il personale si dimostrò preparato ed agguerrito. Emerge qui la
figura del ten. Col. Guido Munzinger, da Napoli, comandante il 156° Reggimento
fanteria. Lo stato di servizio di questo valoroso ufficiale era dei più
brillanti. Uscito appena dalla scuola di Modena, aveva preso parte alla
campagna di Eritrea, e quindi alla seconda campagna che si chiuse con la
sconfitta di Adua; quattro anni dopo, aveva chiesto ed ottenuto di partecipare
alla spedizione contro i Boxer in Cina; venuta la guerra Italo-Turca, era stato
uno dei primi a partire ed aveva preso parte all’intera campagna, guadagnando
due medaglie al valor militare. Allo scoppio della guerra Italo-Austriaca aveva
chiesto di rimpatriare da Rodi, ove si trovava e raggiunto il suo antico
reggimento (51° Reggimento fanteria) si era battuto da valoroso sul Col di
Lana; ferito ad una coscia nell’azione sul Pescoi del 21 ottobre 1915, non
aveva voluto abbandonare il combattimento se non dopo aver visto la fine
vittoriosa di esso.
Si trovava da pochi giorni
al comando del 156° Reggimento allorchè questo reggimento fu inviato di
rinforzo sull’altipiano. Si rese ben presto conto dell’attacco austriaco e
della sua progressione. Non si mette a riparto ed incita alla maniera
ottocentesca le proprie truppe e a resistere, nonostante gli inviti di mettersi
al riparto in un malinteso empio di coraggio. Come prassi tra le truppe
attaccanti i erano i cecchini che sul campo di battaglia sceglievano con cura
gli obiettivi; prima fra tutti gli ufficiali in comando, che, una volta
colpiti, lasciavano le truppe senza comando. Fu colpito in piena fronte e cadde
esamine al suolo. Gli fu concessa la Medaglia d’Oro al Valore Militare alla
memoria.
Si rileva ancora una volta
un'altra carenza relativa alla Brigata “Alessandra”. Il comandante di uno dei
Reggimenti della Brigata assunto pochi giorni prima dell’impiego in
combattimento. Anche questo certamente ebbe la sua influenza sull’impiego della
Brigata.
Massimo Coltrinari
(contatto: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
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