), il Comando Supremo offrì un quadro
completo dell' offensiva di primavera sulla fronte giulia, delle operazioni
minori sulla fronte tridentina e degli avvenimenti sulle fronti albanese e macedone:
un riassunto di tutta l'attività bellica svolta dall'esercito Italiano durante
l'inverno e la primavera, mirante a dare rilievo più che ai fatti, ai motivi
che ne avevano determinato gli esiti ora più ora meno favorevoli. Un modo
particolare per indicare le carenze da eliminare e gli errori da evitare. Il
documento di grande rilievo - l'ultimo che trattò anche dell'azione offensiva -
fu la circolare del luglio del 1917 all'oggetto Ammaestramenti tattici (96)
nella quale vennero particolarmente riesaminati la tecnica d’impiego delle ondate d'attacco, il concorso
dell'artiglieria durante i possibili arresti dell'avanzata, la protezione delle
truppe sulle posizioni raggiunte e l'impiego offensivo delle mitragliatrici: le
ondate debbono essere rade perché, se dense, non procedono rapide, né di
conserva, “ lasciano nei passaggi difficili dei ritardatari, che producono
scompiglio e arrestano le ondate successive”, la prima ondata deve partire “ da brevissima distanza rispetto alla trincea nemica e seguire
fulmineamente l'allungamento del tiro
di artiglieria”, anzi precederlo qualora la linea di partenza dovesse forzatamente risultare a notevole
distanza; la prima ondata “ deve funzionare come riparto d'assalto, e perciò
deve essere composta con uomini ed ufficiali di sicuro ardimento”; le ondate
successive devono essere tenute a brevissima distanza dalla prima,
possibilmente in caverne d'attacco “ collegate con le parallele di partenza
mediante camminamenti molto numerosi”
in modo che l'avvicinamento delle successive ondate possa procedere rapido,
senza ingorghi, e con perdite limitate; l'arresto di un'ondata non deve assolutamente fermare le
successive perché lo scopo da raggiungere è di portare sulla
posizione nemica il massimo di forze nel più breve tempo; le ondate
successive devono perciò passare oltre e trascinare l'ondata ritardataria. Da
queste e dalle altre prescrizioni della circolare non emergono innovazioni
sostanziali sul modo di intendere l'azione offensiva rispetto alla concezione
del precedente periodo bellico e l’11^ battaglia dell'Isonzo non presentò,
infatti, una fisionomia diversa da quelle che l'avevano preceduta in quanto -
fatta eccezione per lo schieramento ed il raggruppamento tattico delle
artiglierie, rispondente a criteri e modalità innovatori stabiliti da una
circolare del Comando generale d’artiglieria del Comando Supremo approvata dal
generale Cadorna ((97), e diramata anch'essa il 9 luglio - le poche innovazioni
e le modifiche apportate alla regolamentazione vigente non si discostano granché
dai paradigmi e dagli schemi divenuti usuali nel 1916. D'altra
parte, come abbiamo avuto modo di ricordare, la vera e propria rivoluzione
della tattica offensiva era ancora lontana dal verificarsi e solo nella 12^
battaglia dell'Isonzo le 8 divisioni austro-ungariche e le 7 divisioni tedesche
che attaccarono da Tolmino ne anticiparono il primo convincente saggio.
Dopo
Caporetto il generale Diaz dové necessariamente preoccuparsi essenzialmente del
problema morale e di quello della difesa, il che fece con i numerosi interventi
già ricordati (98). Circa l'azione offensiva si limitò a far conoscere il
commento dello stato maggiore britannico a 2 documenti tedeschi concernenti la
nuova tattica offensiva conforme a quella anticipata a Caporetto ed effettivamente
seguita nella battaglia di Francia (99), e ad impartire brevi istruzioni per i colpi
di mano (100),
per le piccole operazioni offensive (101) e per il passaggio dei corsi d'acqua (102). La divulgazione dei metodi tattici offensivi
del nemico e delle esperienze della battaglia difensiva del giugno sul Piave
(103) valse, quanto meno indirettamente, ad orientare l'esercito sul nuovo modo
di impostare, organizzare e sviluppare l'azione offensiva in genere e l'attacco
in particolare: attacco rapido e violento contro obiettivi lontani, diretto
contro i punti deboli, sostenuto dall'appoggio mobile dell'artiglieria nella
prima fase, concretantesi in un primo assalto di fanterie scelte; penetrazione
della fanteria nella seconda fase principalmente con i propri mezzi, senza
logoramenti contro i punti di maggiore resistenza, ma insinuantesi nelle zone
di facilitazione mediante manovre di avviluppamento; costante azione di comando
ispirata in tutte le fasi alla concessione di larga iniziativa ai comandanti delle
minori unità, resa ancor più necessaria dalle nuove formazioni in fila e
dall'adozione dell'ordine sparso di combattimento dei gruppi e nuclei nei quali
le varie unità organiche si articolano. Una tattica che, sebbene non fosse
stata ancora sancita ufficialmente in appositi regolamenti, cominciò in pratica
ad essere assimilata per imitazione, soprattutto nei riguardi dell'impiego
dell'artiglieria che s’imperniò da allora: sulla breve durata della
preparazione e sull'inizio improvviso e saltuario di essa; sul concentramento
del tiro prevalentemente sulle prime linee avversarie; sulla prevalenza del
tiro di appoggio rispetto a quello di distanza; sulla sostituzione di
concentramenti successivi con il tiro sistematico di sbarramento. In
conclusione, “ l'adattamento dell'azione di fuoco alle mutevoli situazioni che
lo sviluppo della lotta presenta; donde l'efficacia e la continuità del
concorso dell'artiglieria all'azione della fanteria con la conseguente
continuità di sforzo e possibilità di sfruttamento tempestivo del successo
conseguito” (Da Filippo Stefani, Storia della Dottrina e degli Ordinamenti dell'Esercito Italiano) .
Blog dedicato alla prima Guerra Mondiale ed alle sue conseguenza in Italia e in Europa. E' espressione del CESVAM - Istituto del Nastro Azzurro come spazio per i temi riguardanti la grande guerra e le sue conseguenze (info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
domenica 30 agosto 2020
giovedì 20 agosto 2020
La Tattica nella Grande Guerra 12
Negli anni successivi - 1917 e 1918 - sia il generale Cadorna sia il
Generale Diaz moltiplicarono il numero dei loro interventi dottrinali mediante
direttive specifiche per un determinato ciclo operativo (88) e circolari e note
di carattere generale riferite ad argomenti tattici e tecnici riguardanti le
innovazioni e le modifiche a mano a mano suggerite dall'esperienza e
conseguenti da diversi metodi tattici utilizzati dai tedeschi e dagli
austro-ungarici. I criteri ed i procedimenti di impiego ai quali vennero
ispirate la 10^ (12 maggio-6 giugno 1917) e l’11^ (18 agosto-12 settembre)
battaglia dell’Isonzo non furono molti diversi da quelli stabiliti dalle due
istruzioni appena riassunte.Gli interventi riguardarono soprattutto l'azione
difensiva e l'impiego delle nuove specialità (89), delle nuove armi e dei nuovi
mezzi (90), mentre per l'azione offensiva consistettero più nel richiamare
all'osservanza la regolamentazione in vigore che nel rinnovarla e modificarla.
Prima della 10^ battaglia il generale Cadorna, nell'attesa della ristampa del
fascicolo Criteri dell'artiglieria,
anticipò i concetti ai quali si sarebbero ispirate le aggiunte e varianti che
avrebbero figurato nella nuova edizione (91) e che avrebbero avuto per
oggetto principalmente la controbatteria, i tiri di distruzione, le dipendenze
d’impiego delle unità di artiglieria e i tiri obliqui e d’infilata.
Nell'aprile, con altra circolare, sottolineò la necessità di far concorrere
alla distruzione dei reticolati anche l’artiglieria da campagna (92) mediante
tiri di precisione da condurre sulla base dei dati raccolti dalle esperienze
che egli stesso aveva fatto condurre nei mesi precedenti a Spilimbergo;
nel maggio (93), mentre era in corso la 10^ offensiva e prendendo spunto
da questa, indicò una nuova disciplina di fuoco per i tiri di distruzione
sottolineando la necessità di tendere
alla rimozione completa del reticolato e di non limitarsi a battere il
terreno soltanto là dove si intendeva irrompere, perché ciò equivaleva ad
indicare al nemico dove avrebbe dovuto concentrare i suoi tiri di sbarramento;
confermò la brevità della durata della preparazione esprimendo il concetto che
quanto maggiore fosse l’ampiezza delle fronti di attacco - ed alle fronti vaste dobbiamo in massima tendere, per meglio assicurare
il buon successo - tanto minore avrebbe dovuto essere la durata della
preparazione per essere più vantaggiosa e ridurre la possibilità, da parte del
nemico, di ricorrere a tempestivi spostamenti di forze; sancì la rinunzia,
nell'azione di controbatteria, ai tiri di
smonto e ribadì il ricorso a brevissime e concentratissime raffiche sulle
batterie individuate e più moleste, raffiche iniziate con proietti ordinari e
intercalate con proietti a liquidi speciali; insisté sull'azione di appoggio
dell'artiglieria alla fanteria durante l'attacco, non sempre risultata fino ad
allora efficace per deficienza o aleatorietà dei collegamenti; raccomandò di
razionalizzare meglio i progetti di schieramento e di impiego del
munizionamento tenendo conto delle condizioni reali del munizionamento
esistente e del quantitativo dei pezzi in azione. Altri
insegnamenti tratti dalla 10^ offensiva, divulgati dal generale Cadorna (94),
furono: la necessità di rinunziare alle manovre complicate basate su combinazioni di attacchi parziali interdipendenti, su
aggiramenti, ecc. perchè l’attacco per
avere probabilità di riuscita deve essere
ferrato violento e contemporaneo sull'intera fronte prescelta; la
convenienza a restringere le fronti
d’attacco delle grandi unità, specialmente quella della divisione per una
migliore azione di comando e per evitare gli inserimenti azione durante (?) sempre più difficili e delicati;
l'importanza della riserva di armata che
deve essere molto forte per far
fronte all'intenso logoramento delle truppe e che deve rimanere il più a lungo
possibile in mano al comandante dell'armata ed impiegata, non addensando forze
fresche a forze logore, ma soprattutto sostituendo queste con quelle”; la
necessità della preparazione del terreno
e caverne d'attacco, dei collegamenti e della sostituzione delle truppe
logore non adatte a sferrare (Da Filippo Stefani, Storia della Dottrina e degli Ordinamenti dell'Esercito Italiano.) continua con post in data 30 agosto 2020
lunedì 10 agosto 2020
La Tattica nella Grande Guerra 11
L'esecuzione dell'attacco deve essere
condotta colla massima risolutezza e colla ferma volontà di conquistare le
posizioni nemiche, a qualunque costo. Sono condizioni importantissime per la
riuscita dell'azione: l'assegnazione di un compito ben definito ad ogni
riparto, l'irruenza e la subitaneità dell'assalto alle prime trincee
possibilmente senza un colpo di fucile, la simultaneità e la sorpresa
dell'uscita di tutti gli uomini di ciascuna ondata della trincea con l'unità
destinata a costituire l'ondata successiva, la successione delle ondate senza
attendere che l’antistante richieda il soccorso della retrostante, il
collegamento e la cooperazione tra i reparti, il non fermarsi nelle trincee
avversarie, ma di superarle ed il riordinarsi al di là di esse, l'audacia
nell'impiego delle mitragliatrici che debbono muovere con una delle prime
ondate verso le ali della fronte d'attacco, la tempestività e l'adeguatezza
delle riserve. Il mantenimento delle posizioni conquistate è spesso più
difficile della stessa conquista: il terreno strappato all'avversario a prezzo
di sangue, non si deve più vedere; retrocedendo si subiscono perdite maggiori
che restando sul posto. A tale fine occorre: provvedere alla vigilanza
specialmente sui fianchi, riordinare subito i reparti, accelerare l'arrivo di
truppe fresche, ricavare o costruire al più presto ripari e difese accessorie,
stabilire immediatamente i collegamenti, predisporre i reparti che debbono
fronteggiare i contrattacchi nemici, provvedere al rifornimento delle munizioni
ed agli sgomberi, impiegare l'artiglieria per i ritiri di interdizione sulla
zona dalla quale muovevano i contrattacchi nemici o di controbatteria sulle
artiglierie che cercano di rendere intenibile la linea raggiunta. La forza e la
formazione delle ondate vanno stabilite in relazione al terreno, alla
fortificazione nemica, alla larghezza delle brecce aperte ed alla situazione
particolare dell'avversario. Un reggimento può formare due linee (2
battaglioni, uno di fianco all'altro in 1^ linea, ed uno in 2^) oppure
tre linee (un battaglione in 1^ linea, uno in rincalzo in 2^ linea, un
battaglione in riserva in 3^ linea); i battaglioni di 2^ e 3^ linea vanno
impiegati per rinvigorire l'azione della prima linea contro l'obiettivo a
questa assegnato, oppure per proseguire l'attacco al di là di tale obiettivo,
ovvero ancora per ricacciare i contrattacchi. Ciascuno dei battaglioni può
formare, ad esempio, 4 andate: ciascuna di queste di 4 plotoni (1^ ondata: 2
plotoni della 1^ e 2 plotoni della 2^ compagnia: 2^ ondata: 2 plotoni della 1^
e 2 plotoni della 2^ compagnia; 3^ ondata: 2 plotoni della 3^ e 2 plotoni della
4^compagnia; 4^ ondata: 2 plotoni della 3^ e 2 plotoni della 4^ compagnia).
La compagnia che ha 2
plotoni nella 1^ e 2 nella 2^ ondata assume una fronte da 100 a 150 m; il
battaglione che ha due compagnie ripartite fra le prime due ondate e 2 compagnie
in rincalzo ha una fronte da 200 a 300 m, se ha tre compagnie ripartite fra le
prime 2 ondate ed una compagnia in rincalzo può assumere una fronte da 300 a
450 m (densità di un uomo per metro o di due uomini su 3 m). Le formazioni da
adottare sono quelle che evitano l’affollamento delle truppe contro gli
ostacoli, perciò, sempre che possibile, i reparti saranno distesi, altrimenti
coi plotoni aperti di fianco. L'istruzione sull'impiego dell'artiglieria
enuncia criteri e procedimenti d’impiego e dà ampio sviluppo ad argomenti di
carattere quasi esclusivamente tecnico. Essa fissa per l'artiglieria - la cui
funzione essenziale è immutabilmente quella di rimuovere gli ostacoli che si
oppongono all'azione della fanteria - i seguenti compiti: acquistare il sopravvento
sull’artiglieria avversaria, battere la fanteria avversaria nelle trincee,
distruggere i reticolati e le altre difese accessorie, costituire a tergo e sul
fianco delle linee avanzate nemiche una zona di assoluta interdizione, battere
sistematicamente le zone ove l'avversario lavora, distruggere gli osservatori,
contrastare con il fuoco il moltiplicarsi delle difese nemiche, battere gli
appostamenti avversari per mitragliatrici e per bombarde, battere
sistematicamente le principali comunicazioni del nemico. Ripartisce, poi, i
compiti assegnando: alle artiglierie di grosso calibro la demolizione dei
bersagli duri, il concorso con quelle di medio calibro alla controbatteria ed
il bombardamento a grandi distanze di villaggi, accampamenti, ecc.; alle artiglierie
di medio calibro, la controbatteria, la demolizione dei trinceramenti più
arretrati e di quelli particolarmente
robusti di prima linea, la distruzione degli osservatori, dei depositi
munizioni, dei manufatti, ecc., nonché l’interdizione delle retrovie ; alle
artiglierie di piccolo calibro la immobilizzazione delle truppe nemiche a tergo
delle trincee da attaccare, la distruzione degli osservatori vicini, la
neutralizzazione dei contrattacchi; alle bombarde la distruzione dei reticolati
e delle trincee da distanze molto brevi, la provocazione di effetti
terrorizzanti di scoppio fra i difensori delle linee nemiche più ravvicinate.
Dopo il discorso sui compiti dell'artiglieria nell'azione offensiva, la
pubblicazione tratta importanti
argomenti già oggetto delle precedenti circolari, e in particolare: il
concorso dell'arma nella preparazione e nello svolgimento dell'attacco e nel
mantenimento delle posizioni conquistate, l'osservazione del tiro,
l'esplorazione e la ricerca delle batterie avversarie, i tiri contro
artiglierie e contro appostamenti per mitragliatrici nonché i tiri sulle
retrovie ed i tiri di notte, i proiettili da impiegare ed il rifornimento delle
munizioni, le postazioni delle batterie e i ripari, la dipendenza d’impiego
delle unità di artiglieria. La
pubblicazione Criteri di impiego d'artiglieria e le varie circolari che le
fecero seguito (87), mentre da un lato seguirono di massima i criteri della
dottrina francese e perfezionarono i provvedimenti tattici e tecnici
dell'osservazione, dei collegamenti e della cooperazione interarma, dall'altra
restarono lontane dagli eccessi concettuali e metodologici delle artiglierie
degli altri eserciti, miranti a rendere sempre più lunga e potente la
preparazione dell'attacco e ad imbrigliare le varie azioni di fuoco in schemi
rigidi ed assoluti come quelli del barrage roulante e del ratissage (cortina e
shrapnel fuori della zona del barrage). La ricerca di procedimenti più efficaci
e soprattutto più celeri e più elastici per concentramenti di fuoco rapido e
sicuro sopravanzò l'eccessivo metodismo dei tedeschi e degli stessi
franco-britannici, che ebbe il sopravvento durante tutto il 1916 e la prima
metà del 1917 sulla fronte occidentale.
(Da Filippo Stefani, Storia della Dottrina e degli Ordinamento dell'Esercito Italiano) continua con post in data 20 agosto 2020
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