domenica 30 agosto 2020

La Tattica nella Grande Guerra 13

), il Comando Supremo offrì un quadro completo dell' offensiva di primavera sulla fronte giulia, delle operazioni minori sulla fronte tridentina e degli avvenimenti sulle fronti albanese e macedone: un riassunto di tutta l'attività bellica svolta dall'esercito Italiano durante l'inverno e la primavera, mirante a dare rilievo più che ai fatti, ai motivi che ne avevano determinato gli esiti ora più ora meno favorevoli. Un modo particolare per indicare le carenze da eliminare e gli errori da evitare. Il documento di grande rilievo - l'ultimo che trattò anche dell'azione offensiva - fu la circolare del luglio del 1917 all'oggetto Ammaestramenti tattici (96) nella quale vennero particolarmente riesaminati la tecnica d’impiego delle ondate d'attacco, il concorso dell'artiglieria durante i possibili arresti dell'avanzata, la protezione delle truppe sulle posizioni raggiunte e l'impiego offensivo delle mitragliatrici: le ondate debbono essere rade perché, se dense, non procedono rapide, né di conserva, “ lasciano nei passaggi difficili dei ritardatari, che producono scompiglio e arrestano le ondate successive”, la prima ondata deve partire “ da brevissima distanza rispetto alla trincea nemica e seguire fulmineamente l'allungamento del tiro di artiglieria”, anzi precederlo qualora la linea di partenza dovesse forzatamente risultare a notevole distanza; la prima ondata “ deve funzionare come riparto d'assalto, e perciò deve essere composta con uomini ed ufficiali di sicuro ardimento”; le ondate successive devono essere tenute a brevissima distanza dalla prima, possibilmente in caverne d'attacco “ collegate con le parallele di partenza mediante camminamenti molto numerosiin modo che l'avvicinamento delle successive ondate possa procedere rapido, senza ingorghi, e con perdite limitate; l'arresto di un'ondata non deve assolutamente fermare le successive perché lo scopo da raggiungere è di portare sulla posizione nemica il massimo di forze nel più breve tempo; le ondate successive devono perciò passare oltre e trascinare l'ondata ritardataria. Da queste e dalle altre prescrizioni della circolare non emergono innovazioni sostanziali sul modo di intendere l'azione offensiva rispetto alla concezione del precedente periodo bellico e l’11^ battaglia dell'Isonzo non presentò, infatti, una fisionomia diversa da quelle che l'avevano preceduta in quanto - fatta eccezione per lo schieramento ed il raggruppamento tattico delle artiglierie, rispondente a criteri e modalità innovatori stabiliti da una circolare del Comando generale d’artiglieria del Comando Supremo approvata dal generale Cadorna ((97), e diramata anch'essa il 9 luglio - le poche innovazioni e le modifiche apportate alla regolamentazione vigente non si discostano granché dai paradigmi e dagli schemi divenuti usuali nel 1916. D'altra parte, come abbiamo avuto modo di ricordare, la vera e propria rivoluzione della tattica offensiva era ancora lontana dal verificarsi e solo nella 12^ battaglia dell'Isonzo le 8 divisioni austro-ungariche e le 7 divisioni tedesche che attaccarono da Tolmino ne anticiparono il primo convincente saggio.
Dopo Caporetto il generale Diaz dové necessariamente preoccuparsi essenzialmente del problema morale e di quello della difesa, il che fece con i numerosi interventi già ricordati (98). Circa l'azione offensiva si limitò a far conoscere il commento dello stato maggiore britannico a 2 documenti tedeschi concernenti la nuova tattica offensiva conforme a quella anticipata a Caporetto ed effettivamente seguita nella battaglia di Francia (99), e ad impartire brevi istruzioni per i colpi di mano (100), per le piccole operazioni offensive (101) e per il passaggio dei corsi d'acqua (102). La divulgazione dei metodi tattici offensivi del nemico e delle esperienze della battaglia difensiva del giugno sul Piave (103) valse, quanto meno indirettamente, ad orientare l'esercito sul nuovo modo di impostare, organizzare e sviluppare l'azione offensiva in genere e l'attacco in particolare: attacco rapido e violento contro obiettivi lontani, diretto contro i punti deboli, sostenuto dall'appoggio mobile dell'artiglieria nella prima fase, concretantesi in un primo assalto di fanterie scelte; penetrazione della fanteria nella seconda fase principalmente con i propri mezzi, senza logoramenti contro i punti di maggiore resistenza, ma insinuantesi nelle zone di facilitazione mediante manovre di avviluppamento; costante azione di comando ispirata in tutte le fasi alla concessione di larga iniziativa ai comandanti delle minori unità, resa ancor più necessaria dalle nuove formazioni in fila e dall'adozione dell'ordine sparso di combattimento dei gruppi e nuclei nei quali le varie unità organiche si articolano. Una tattica che, sebbene non fosse stata ancora sancita ufficialmente in appositi regolamenti, cominciò in pratica ad essere assimilata per imitazione, soprattutto nei riguardi dell'impiego dell'artiglieria che s’imperniò da allora: sulla breve durata della preparazione e sull'inizio improvviso e saltuario di essa; sul concentramento del tiro prevalentemente sulle prime linee avversarie; sulla prevalenza del tiro di appoggio rispetto a quello di distanza; sulla sostituzione di concentramenti successivi con il tiro sistematico di sbarramento. In conclusione, “ l'adattamento dell'azione di fuoco alle mutevoli situazioni che lo sviluppo della lotta presenta; donde l'efficacia e la continuità del concorso dell'artiglieria all'azione della fanteria con la conseguente continuità di sforzo e possibilità di sfruttamento tempestivo del successo conseguito” (Da Filippo Stefani, Storia della Dottrina e degli Ordinamenti dell'Esercito Italiano) .

giovedì 20 agosto 2020

La Tattica nella Grande Guerra 12

Negli anni successivi - 1917 e 1918 - sia il generale Cadorna sia il Generale Diaz moltiplicarono il numero dei loro interventi dottrinali mediante direttive specifiche per un determinato ciclo operativo (88) e circolari e note di carattere generale riferite ad argomenti tattici e tecnici riguardanti le innovazioni e le modifiche a mano a mano suggerite dall'esperienza e conseguenti da diversi metodi tattici utilizzati dai tedeschi e dagli austro-ungarici. I criteri ed i procedimenti di impiego ai quali vennero ispirate la 10^ (12 maggio-6 giugno 1917) e l’11^ (18 agosto-12 settembre) battaglia dell’Isonzo non furono molti diversi da quelli stabiliti dalle due istruzioni appena riassunte.Gli interventi riguardarono soprattutto l'azione difensiva e l'impiego delle nuove specialità (89), delle nuove armi e dei nuovi mezzi (90), mentre per l'azione offensiva consistettero più nel richiamare all'osservanza la regolamentazione in vigore che nel rinnovarla e modificarla. Prima della 10^ battaglia il generale Cadorna, nell'attesa della ristampa del fascicolo Criteri dell'artiglieria, anticipò i concetti ai quali si sarebbero ispirate le aggiunte e varianti che avrebbero figurato nella nuova edizione (91)  e che avrebbero avuto per oggetto principalmente la controbatteria, i tiri di distruzione, le dipendenze d’impiego delle unità di artiglieria e i tiri obliqui e d’infilata. Nell'aprile, con altra circolare, sottolineò la necessità di far concorrere alla distruzione dei reticolati anche l’artiglieria da campagna (92) mediante tiri di precisione da condurre sulla base dei dati raccolti dalle esperienze che egli stesso aveva fatto condurre nei mesi precedenti a Spilimbergo;  nel maggio (93), mentre era in corso la 10^ offensiva e prendendo spunto da questa, indicò una nuova disciplina di fuoco per i tiri di distruzione sottolineando la necessità di tendere alla rimozione completa del reticolato e di non limitarsi a battere il terreno soltanto là dove si intendeva irrompere, perché ciò equivaleva ad indicare al nemico dove avrebbe dovuto concentrare i suoi tiri di sbarramento; confermò la brevità della durata della preparazione esprimendo il concetto che quanto maggiore fosse l’ampiezza delle fronti di attacco - ed alle fronti vaste dobbiamo in massima tendere, per meglio assicurare il buon successo - tanto minore avrebbe dovuto essere la durata della preparazione per essere più vantaggiosa e ridurre la possibilità, da parte del nemico, di ricorrere a tempestivi spostamenti di forze; sancì la rinunzia, nell'azione di controbatteria, ai tiri di smonto e ribadì il ricorso a brevissime e concentratissime raffiche sulle batterie individuate e più moleste, raffiche iniziate con proietti ordinari e intercalate con proietti a liquidi speciali; insisté sull'azione di appoggio dell'artiglieria alla fanteria durante l'attacco, non sempre risultata fino ad allora efficace per deficienza o aleatorietà dei collegamenti; raccomandò di razionalizzare meglio i progetti di schieramento e di impiego del munizionamento tenendo conto delle condizioni reali del munizionamento esistente e del quantitativo dei pezzi in azione. Altri insegnamenti tratti dalla 10^ offensiva, divulgati dal generale Cadorna (94), furono: la necessità di rinunziare alle manovre complicate basate su combinazioni di attacchi parziali interdipendenti, su aggiramenti, ecc. perchè l’attacco per avere probabilità di riuscita deve essere ferrato violento e contemporaneo sull'intera fronte prescelta; la convenienza a restringere le fronti d’attacco delle grandi unità, specialmente quella della divisione per una migliore azione di comando e per evitare gli inserimenti azione durante (?) sempre più difficili e delicati; l'importanza della riserva di armata che deve essere molto forte per far fronte all'intenso logoramento delle truppe e che deve rimanere il più a lungo possibile in mano al comandante dell'armata ed impiegata, non addensando forze fresche a forze logore, ma soprattutto sostituendo queste con quelle”; la necessità della preparazione del terreno e caverne d'attacco, dei collegamenti e della sostituzione delle truppe logore non adatte a sferrare (Da Filippo Stefani, Storia della Dottrina e degli Ordinamenti dell'Esercito Italiano.) continua con post in data 30 agosto 2020 

lunedì 10 agosto 2020

La Tattica nella Grande Guerra 11


L'esecuzione dell'attacco deve essere condotta colla massima risolutezza e colla ferma volontà di conquistare le posizioni nemiche, a qualunque costo. Sono condizioni importantissime per la riuscita dell'azione: l'assegnazione di un compito ben definito ad ogni riparto, l'irruenza e la subitaneità dell'assalto alle prime trincee possibilmente senza un colpo di fucile, la simultaneità e la sorpresa dell'uscita di tutti gli uomini di ciascuna ondata della trincea con l'unità destinata a costituire l'ondata successiva, la successione delle ondate senza attendere che l’antistante richieda il soccorso della retrostante, il collegamento e la cooperazione tra i reparti, il non fermarsi nelle trincee avversarie, ma di superarle ed il riordinarsi al di là di esse, l'audacia nell'impiego delle mitragliatrici che debbono muovere con una delle prime ondate verso le ali della fronte d'attacco, la tempestività e l'adeguatezza delle riserve. Il mantenimento delle posizioni conquistate è spesso più difficile della stessa conquista: il terreno strappato all'avversario a prezzo di sangue, non si deve più vedere; retrocedendo si subiscono perdite maggiori che restando sul posto. A tale fine occorre: provvedere alla vigilanza specialmente sui fianchi, riordinare subito i reparti, accelerare l'arrivo di truppe fresche, ricavare o costruire al più presto ripari e difese accessorie, stabilire immediatamente i collegamenti, predisporre i reparti che debbono fronteggiare i contrattacchi nemici, provvedere al rifornimento delle munizioni ed agli sgomberi, impiegare l'artiglieria per i ritiri di interdizione sulla zona dalla quale muovevano i contrattacchi nemici o di controbatteria sulle artiglierie che cercano di rendere intenibile la linea raggiunta. La forza e la formazione delle ondate vanno stabilite in relazione al terreno, alla fortificazione nemica, alla larghezza delle brecce aperte ed alla situazione particolare dell'avversario. Un reggimento può formare due linee (2  battaglioni, uno di fianco all'altro in 1^ linea, ed uno in 2^) oppure tre linee (un battaglione in 1^ linea, uno in rincalzo in 2^ linea, un battaglione in riserva in 3^ linea); i battaglioni di 2^ e 3^ linea vanno impiegati per rinvigorire l'azione della prima linea contro l'obiettivo a questa assegnato, oppure per proseguire l'attacco al di là di tale obiettivo, ovvero ancora per ricacciare i contrattacchi. Ciascuno dei battaglioni può formare, ad esempio, 4 andate: ciascuna di queste di 4 plotoni (1^ ondata: 2 plotoni della 1^ e 2 plotoni della 2^ compagnia: 2^ ondata: 2 plotoni della 1^ e 2 plotoni della 2^ compagnia; 3^ ondata: 2 plotoni della 3^ e 2 plotoni della 4^compagnia; 4^ ondata: 2 plotoni della 3^ e 2 plotoni della 4^ compagnia). La compagnia che ha 2 plotoni nella 1^ e 2 nella 2^ ondata assume una fronte da 100 a 150 m; il battaglione che ha due compagnie ripartite fra le prime due ondate e 2 compagnie in rincalzo ha una fronte da 200 a 300 m, se ha tre compagnie ripartite fra le prime 2 ondate ed una compagnia in rincalzo può assumere una fronte da 300 a 450 m (densità di un uomo per metro o di due uomini su 3 m). Le formazioni da adottare sono quelle che evitano l’affollamento delle truppe contro gli ostacoli, perciò, sempre che possibile, i reparti saranno distesi, altrimenti coi plotoni aperti di fianco. L'istruzione sull'impiego dell'artiglieria enuncia criteri e procedimenti d’impiego e dà ampio sviluppo ad argomenti di carattere quasi esclusivamente tecnico. Essa fissa per l'artiglieria - la cui funzione essenziale è immutabilmente quella di rimuovere gli ostacoli che si oppongono all'azione della fanteria - i seguenti compiti: acquistare il sopravvento sull’artiglieria avversaria, battere la fanteria avversaria nelle trincee, distruggere i reticolati e le altre difese accessorie, costituire a tergo e sul fianco delle linee avanzate nemiche una zona di assoluta interdizione, battere sistematicamente le zone ove l'avversario lavora, distruggere gli osservatori, contrastare con il fuoco il moltiplicarsi delle difese nemiche, battere gli appostamenti avversari per mitragliatrici e per bombarde, battere sistematicamente le principali comunicazioni del nemico. Ripartisce, poi, i compiti assegnando: alle artiglierie di grosso calibro la demolizione dei bersagli duri, il concorso con quelle di medio calibro alla controbatteria ed il bombardamento a grandi distanze di villaggi, accampamenti, ecc.; alle artiglierie di medio calibro, la controbatteria, la demolizione dei trinceramenti più arretrati  e di quelli particolarmente robusti di prima linea, la distruzione degli osservatori, dei depositi munizioni, dei manufatti, ecc., nonché l’interdizione delle retrovie ; alle artiglierie di piccolo calibro la immobilizzazione delle truppe nemiche a tergo delle trincee da attaccare, la distruzione degli osservatori vicini, la neutralizzazione dei contrattacchi; alle bombarde la distruzione dei reticolati e delle trincee da distanze molto brevi, la provocazione di effetti terrorizzanti di scoppio fra i difensori delle linee nemiche più ravvicinate. Dopo il discorso sui compiti dell'artiglieria nell'azione offensiva, la pubblicazione tratta importanti  argomenti già oggetto delle precedenti circolari, e in particolare: il concorso dell'arma nella preparazione e nello svolgimento dell'attacco e nel mantenimento delle posizioni conquistate, l'osservazione del tiro, l'esplorazione e la ricerca delle batterie avversarie, i tiri contro artiglierie e contro appostamenti per mitragliatrici nonché i tiri sulle retrovie ed i tiri di notte, i proiettili da impiegare ed il rifornimento delle munizioni, le postazioni delle batterie e i ripari, la dipendenza d’impiego delle unità di artiglieria. La pubblicazione Criteri di impiego d'artiglieria e le varie circolari che le fecero seguito (87), mentre da un lato seguirono di massima i criteri della dottrina francese e perfezionarono i provvedimenti tattici e tecnici dell'osservazione, dei collegamenti e della cooperazione interarma, dall'altra restarono lontane dagli eccessi concettuali e metodologici delle artiglierie degli altri eserciti, miranti a rendere sempre più lunga e potente la preparazione dell'attacco e ad imbrigliare le varie azioni di fuoco in schemi rigidi ed assoluti come quelli del barrage roulante e del ratissage (cortina e shrapnel fuori della zona del barrage). La ricerca di procedimenti più efficaci e soprattutto più celeri e più elastici per concentramenti di fuoco rapido e sicuro sopravanzò l'eccessivo metodismo dei tedeschi e degli stessi franco-britannici, che ebbe il sopravvento durante tutto il 1916 e la prima metà del 1917 sulla fronte occidentale.
(Da Filippo Stefani, Storia della Dottrina e degli Ordinamento dell'Esercito Italiano) continua con post in data 20 agosto 2020