mercoledì 20 marzo 2024

La Prima Battaglia dell'Isonzo (23 giugno - 7 luglio 1915

 


 

Col primo sbalzo offensivo il nostro esercito aveva portato le sue unità a contatto delle difese avanzate del'avversario e, per quasi tutto lo sviluppo della nostra fronte, al di là del confine.

Maggiori risultati non erano stati possibili, perchè le nostre truppe, ancora in via di radunata, non disponevano dei mezzi necessari per operazioni di pù vasta importanza: nella zona montana si trovarono, infatti, con scarsi ed incompleti parchi di assedio contro una linea di fortificazioni ben munita; sulla fronte Giulia, del pari con poche artiglierie, esse urtarono contro la piazza forte di Tolmino ed il campo trincerato di Gorizia.

Gli attacchi parziali, sferrati nella prima quindicina di giugno, per quanto condotti con perizia e valore, erano stati fermati ai reticolati dalle numerose mitragliatrici e dai tiri concentrati delle artiglierie nemiche, che decimavano le nostre truppe. Noi non avevamo che poche mitragliatrici ed artiglierie per numero, potenza, gittata e munizionamento insufficienti a battere quelle avversarie e ad aprire breccie adeguate nei reticolati nemici.

Con la prima battaglia dell'Isonzo, iniziata il 23 giugno, l'attacco principale fu portato contro il campo trincerato di Gorizia, che si appoggiava, sulla destra dell'isonzo, alla testa di ponte costituita dalle alture del Sabotino-Oslavia-Peuma e Podgora, e sulla sinistra del fiume, alle forti posizioni del Kuk, di M. Santo, del S. Gabriele e del S. Michele.

A nord, il IV Corpo (S. E. Robilant) doveva continuare le sue operazioni contro la piazza forte di Tolmino.

L'attacco al campo trincerato di Gorizia si riprometteva di spuntare col II Corpo (S. E. Reisoli), partendo dalla nostra testa di ponte di Plava, le difese nemiche dalla parte di M. Kuk, mentre il VI Corpo (S. E. Ruelle) avrebbe concentrato i sui sforzi contro la parte meridionale della testa di ponte Gorizia (alture di Oslavia e Podgora). La 3° Armata, intanto, tenendo ferma la sua destra sulle posizioni conquistate a ridosso di Monfalcone, sarebbe avanzata con le truppe del X Corpo (S. E. Grandi) e del VII (S.E. Grioni) verso il margine dell'altipiano Carsico sulla fronte Sagrado-Monfalcone, e con quelle dell'XI (S. E. Cigliana) avrebbe eseguito tentativi di passaggio nel tratto tra Sagrado e Mainizza.

Su tale fronte di attacco, da parte austriaca, era dislocata tutta la 5° Armata (Boroevic).

Le operazioni da Plava verso M. Kuk, tenacemente condotte dalla 33° divisione (gen. Vanzo) e dalla 32° (gen. Borghi), ottennero qualche risultato verso Globna (I), ma non giunsero a risalire il ripido versante del Kuk, nonostante l'accanimento e lo slancio delle nostre truppe, riconosciuto dallo stesso nemico.

Sul Podgora furono conquistate alcune trincee nemiche, ma anche qui le fanterie furono arrestate ai reticolati avversari dal fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici, mentre le nostre batterie non giungevano a controbattere efficacemente quelle austriache, che ben celate facevano strage dei nostri fanti, costretti ad indugiarsi con le pinze tagliafili presso i reticolati nemici.

Gli austriaci avevano sfruttato a meraviglia con tutti i trovati dell'arte fortificatoria la zona del Carso, costruendo rafforzamenti e trincee, trasformando le doline in ideali appostamenti di batterie e di truppe di riserva e le alture in osservatori, dai quali sorvegliavano tutte le nostre mosse: ogni risalto di roccia era ridotto ad insidioso nido di mitragliatrici, ogni buca a nascondiglio di reparti e cannoni. In complesso, l'altipiano Carsico era diventato tutto un formidabile sistema di difesa, che non aveva riscontro in nessuna fronte della guerra mondiale. Contro i primi gradini di queste posizioni, irte di reticolati, fiancheggiate dai raggruppamenti di potenti artiglierie delle alture di Gorizia e dell'Hermada e protette, sul davanti, da una inondazione nelle zone di Fogliano, Ronchi, S. Elia e Redipuglia, si trovò nella prima battaglia dell'Isonzo a dover cozzare la 3° Armata.

Ciò nonostante essa, superata l'inondazione, col X ed il VII Corpo potè saldamente affermarsi sul margine Carsico a Fogliano, Castelnuovo, Polazzo, Redipuglia, Vermegliano, Selz, Rocca di Monfalcone; indi, col passaggio dell'XI Corpo sulla sinistra dell'Isonzo, verso Sagrado, potè attaccare il S. Michele, giungendo a conquistarne le prime pendici verso il fiume.

All'ala settentrionale della 2° Armata, le operazioni contro la piazza forte di Tolmino si svolsero con l'intento finale di occupare la linea Sleme-Mrzli, attaccandola di fronte con l'8° divisione (generale Lang) ed aggirandola da nord coll'occupazione del Mznik e del  Rudecirob. Contemporaneamente la 7° divisione doveva impegnare il nemico su tutta la fronte della testa del ponte di Tolmino (alture di S. Maria e S. Lucia).

Il terreno difficilissimo e la violenta resistenza nemica, facilitata dalle forti, inaccessibili posizioni, resero imposibile l'aggiramento da nord della linea Sleme-Mrzili, verso la quale si attestarono le valorose truppe della brigata Modena e Salerno.

La 7° divisione si avvicinò alle trincee della testa di ponte di S. Maria e S. Lucia, ma non riuscì a conquistare tali alture munitissime ed a distruggere i ponti, che collegavano le difese nemiche sulla destra dell'Isonzo con quelle di Tolmino.

Così sulla fronte Giulia, al temine della I bataglia dell'Isonzo, la 2° e 3° Armata avevano serrato contro la linea di difesa nemica lungo tutta la fronte: fra Plezzo e Tolmino la nostra occupazione fronteggiava le inaccessibili posizioni del Javorcek, dello Smogar, del Lemez, del Rudecirob e quelle asprissime, per natura e per opere, del Mrzli, di S. Maria e S. Lucia. Da Doblar a Plava, il nemico era sulle forti posizioni di riva sinistra dell'isonzo e le nostre fanterie su quelle di riva destra; a Plava la nostra argusta testa di ponte fronteggiava a nord il costone di Deskla, a sud quello di Zagora, al centro le pendici del Kuk con la quota 383 a ridosso di Plava. La forte testa di ponte nemica di Gorizia protendeva, minacciosa, i due bastioni del Sabotino e del Podgora e l'intermedio sistema collinoso delle alture di Oslavia e Peuma; sul Carso, il S. Michele completava dalla parte sud la difesa del campo trincerato di Gorizia e rappresentava anche il più forte caposaldo, cui si appoggiava la difesa nemica dell'altipiano, costituita dalle alture di S. Martino, di Doberdò, di M. Sei Busi, del Debeli e del Cosich.

Nomi sacri, oggi, al cuore di ogni italiano; nomi divenuti per noi simbolo di gesta leggendarie e di eroici sacrifici e paventati anche dal nemico che, come dicono il Falkenhayn e l'Hindenburg, profuse su quelle alture il sangue e le energie dei suoi più valorosi reggimenti, a scapito anche dell'azione militare sugli altri fronti.

"La guerra contro l'Italia era un morire senza fine".

Infatti, dall'inizio della guerra al termine della I° battaglia dell'Isonzo, la sola 5° Armata austriaca, sulla fronte Giulia, aveva perduto circa 30 mila uomini, compresi i malati. Le forze nemiche furono avvinte a questo tratto di fronte difficilissimo dalla continua aggressività delle nostre truppe ed il comando austriaco dovette distrarre altre unità dal teatro d'operazione russo, per fronteggiare le minaccie sempre più frequenti ed assillanti dell'esercito italiano.

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