Col
primo sbalzo offensivo il nostro esercito aveva portato le sue unità a contatto
delle difese avanzate del'avversario e, per quasi tutto lo sviluppo della
nostra fronte, al di là del confine.
Maggiori
risultati non erano stati possibili, perchè le nostre truppe, ancora in via di
radunata, non disponevano dei mezzi necessari per operazioni di pù vasta
importanza: nella zona montana si trovarono, infatti, con scarsi ed incompleti
parchi di assedio contro una linea di fortificazioni ben munita; sulla fronte
Giulia, del pari con poche artiglierie, esse urtarono contro la piazza forte di
Tolmino ed il campo trincerato di Gorizia.
Gli
attacchi parziali, sferrati nella prima quindicina di giugno, per quanto
condotti con perizia e valore, erano stati fermati ai reticolati dalle numerose
mitragliatrici e dai tiri concentrati delle artiglierie nemiche, che decimavano
le nostre truppe. Noi non avevamo che poche mitragliatrici ed artiglierie per
numero, potenza, gittata e munizionamento insufficienti a battere quelle
avversarie e ad aprire breccie adeguate nei reticolati nemici.
Con
la prima battaglia dell'Isonzo, iniziata il 23 giugno, l'attacco principale fu
portato contro il campo trincerato di Gorizia, che si appoggiava, sulla destra
dell'isonzo, alla testa di ponte costituita dalle alture del
Sabotino-Oslavia-Peuma e Podgora, e sulla sinistra del fiume, alle forti
posizioni del Kuk, di M. Santo, del S. Gabriele e del S. Michele.
A
nord, il IV Corpo (S. E. Robilant) doveva continuare le sue operazioni contro
la piazza forte di Tolmino.
L'attacco
al campo trincerato di Gorizia si riprometteva di spuntare col II Corpo (S. E.
Reisoli), partendo dalla nostra testa di ponte di Plava, le difese nemiche
dalla parte di M. Kuk, mentre il VI Corpo (S. E. Ruelle) avrebbe concentrato i
sui sforzi contro la parte meridionale della testa di ponte Gorizia (alture di
Oslavia e Podgora). La 3° Armata, intanto, tenendo ferma la sua destra sulle
posizioni conquistate a ridosso di Monfalcone, sarebbe avanzata con le truppe
del X Corpo (S. E. Grandi) e del VII (S.E. Grioni) verso il margine
dell'altipiano Carsico sulla fronte Sagrado-Monfalcone, e con quelle dell'XI
(S. E. Cigliana) avrebbe eseguito tentativi di passaggio nel tratto tra Sagrado
e Mainizza.
Su
tale fronte di attacco, da parte austriaca, era dislocata tutta la 5° Armata
(Boroevic).
Le
operazioni da Plava verso M. Kuk, tenacemente condotte dalla 33° divisione
(gen. Vanzo) e dalla 32° (gen. Borghi), ottennero qualche risultato verso
Globna (I), ma non giunsero a risalire il ripido versante del Kuk, nonostante
l'accanimento e lo slancio delle nostre truppe, riconosciuto dallo stesso
nemico.
Sul
Podgora furono conquistate alcune trincee nemiche, ma anche qui le fanterie
furono arrestate ai reticolati avversari dal fuoco delle artiglierie e delle
mitragliatrici, mentre le nostre batterie non giungevano a controbattere
efficacemente quelle austriache, che ben celate facevano strage dei nostri
fanti, costretti ad indugiarsi con le pinze tagliafili presso i reticolati
nemici.
Gli
austriaci avevano sfruttato a meraviglia con tutti i trovati dell'arte
fortificatoria la zona del Carso, costruendo rafforzamenti e trincee,
trasformando le doline in ideali appostamenti di batterie e di truppe di
riserva e le alture in osservatori, dai quali sorvegliavano tutte le nostre
mosse: ogni risalto di roccia era ridotto ad insidioso nido di mitragliatrici,
ogni buca a nascondiglio di reparti e cannoni. In complesso, l'altipiano
Carsico era diventato tutto un formidabile sistema di difesa, che non aveva
riscontro in nessuna fronte della guerra mondiale. Contro i primi gradini di
queste posizioni, irte di reticolati, fiancheggiate dai raggruppamenti di
potenti artiglierie delle alture di Gorizia e dell'Hermada e protette, sul
davanti, da una inondazione nelle zone di Fogliano, Ronchi, S. Elia e
Redipuglia, si trovò nella prima battaglia dell'Isonzo a dover cozzare la 3°
Armata.
Ciò
nonostante essa, superata l'inondazione, col X ed il VII Corpo potè saldamente
affermarsi sul margine Carsico a Fogliano, Castelnuovo, Polazzo, Redipuglia,
Vermegliano, Selz, Rocca di Monfalcone; indi, col passaggio dell'XI Corpo sulla
sinistra dell'Isonzo, verso Sagrado, potè attaccare il S. Michele, giungendo a
conquistarne le prime pendici verso il fiume.
All'ala
settentrionale della 2° Armata, le operazioni contro la piazza forte di Tolmino
si svolsero con l'intento finale di occupare la linea Sleme-Mrzli, attaccandola
di fronte con l'8° divisione (generale Lang) ed aggirandola da nord
coll'occupazione del Mznik e del
Rudecirob. Contemporaneamente la 7° divisione doveva impegnare il nemico
su tutta la fronte della testa del ponte di Tolmino (alture di S. Maria e S.
Lucia).
Il
terreno difficilissimo e la violenta resistenza nemica, facilitata dalle forti,
inaccessibili posizioni, resero imposibile l'aggiramento da nord della linea
Sleme-Mrzili, verso la quale si attestarono le valorose truppe della brigata
Modena e Salerno.
La
7° divisione si avvicinò alle trincee della testa di ponte di S. Maria e S.
Lucia, ma non riuscì a conquistare tali alture munitissime ed a distruggere i
ponti, che collegavano le difese nemiche sulla destra dell'Isonzo con quelle di
Tolmino.
Così
sulla fronte Giulia, al temine della I bataglia dell'Isonzo, la 2° e 3° Armata
avevano serrato contro la linea di difesa nemica lungo tutta la fronte: fra
Plezzo e Tolmino la nostra occupazione fronteggiava le inaccessibili posizioni
del Javorcek, dello Smogar, del Lemez, del Rudecirob e quelle asprissime, per
natura e per opere, del Mrzli, di S. Maria e S. Lucia. Da Doblar a Plava, il
nemico era sulle forti posizioni di riva sinistra dell'isonzo e le nostre
fanterie su quelle di riva destra; a Plava la nostra argusta testa di ponte
fronteggiava a nord il costone di Deskla, a sud quello di Zagora, al centro le
pendici del Kuk con la quota 383 a ridosso di Plava. La forte testa di ponte
nemica di Gorizia protendeva, minacciosa, i due bastioni del Sabotino e del
Podgora e l'intermedio sistema collinoso delle alture di Oslavia e Peuma; sul
Carso, il S. Michele completava dalla parte sud la difesa del campo trincerato
di Gorizia e rappresentava anche il più forte caposaldo, cui si appoggiava la difesa
nemica dell'altipiano, costituita dalle alture di S. Martino, di Doberdò, di M.
Sei Busi, del Debeli e del Cosich.
Nomi
sacri, oggi, al cuore di ogni italiano; nomi divenuti per noi simbolo di gesta
leggendarie e di eroici sacrifici e paventati anche dal nemico che, come dicono
il Falkenhayn e l'Hindenburg, profuse su quelle alture il sangue e le energie
dei suoi più valorosi reggimenti, a scapito anche dell'azione militare sugli
altri fronti.
"La
guerra contro l'Italia era un morire senza fine".
Infatti,
dall'inizio della guerra al termine della I° battaglia dell'Isonzo, la sola 5°
Armata austriaca, sulla fronte Giulia, aveva perduto circa 30 mila uomini,
compresi i malati. Le forze nemiche furono avvinte a questo tratto di fronte
difficilissimo dalla continua aggressività delle nostre truppe ed il comando
austriaco dovette distrarre altre unità dal teatro d'operazione russo, per
fronteggiare le minaccie sempre più frequenti ed assillanti dell'esercito
italiano.
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