giovedì 30 ottobre 2025

L'Aeronautica nella Grande Guerra. Dalle Origini all'Impiego Bellico II Parte

 

1.     DALLE ORIGINI ALL’IMPIEGO BELLICO

 

Meno nota della flottiglia di aeroplani fu la Sezione Aerostatica, al comando del capitano Giovan Battista Pastine, su palloni frenati (draken) e, a partire dal marzo 1912, anche su dirigibili. La disponibilità di dirigibili per le forze armate italiane all'inizio della guerra era: 4 di modello piccolo (P), 2 di modello medio (M) ed uno floscio tipo Parseval 17. La gestione dei dirigibili avveniva attraverso reparti misti della Marina e dell'Esercito. I dirigibili tipo P (gli unici usati nel corso della guerra) avevano un volume da 4200 a 4700 m3, monomotori con navicella in legno che consentiva la discesa in acqua. Subito dopo lo scoppio della guerra, un cantiere dirigibili del battaglione specialisti basato presso Brindisi, iniziò ad effettuare ricognizioni sul  Canale d’Otranto e sulle coste albanesi controllate dalla Turchia. Data l'opposizione dell'Austria-Ungheria, alleata dell’Italia nella Triplice Alleanza, che aveva una base militare a Cattaro, il cantiere nell'inverno 1911-12 venne trasferito a Tripoli.

Il 16 dicembre 1911 un uragano travolse gli hangar in allestimento, danneggiando anche i dirigibili già presenti (P.2 e P.3). La necessaria reinstallazione di un hangar capace di contenere i due dirigibili e il riapprovvigionamento delle loro parti di ricambio, ritardò l’inizio delle operazioni fino al 5 marzo 1912, quando fu effettuata la prima missione di ricognizione in coppia il su Gargareh e Zanzur, col lancio di bombe da parte del P.3. I dirigibili si dimostrarono buoni incassatori quando colpiti dal fuoco di fucileria, e non furono mai colpiti dal tiro di artiglieria che fu diretto contro di essi in diverse occasioni. La minore velocità e soprattutto la maggiore disponibilità di spazio a bordo dei dirigibili nei confronti degli aeroplani, consentì di effettuate più proficuamente missioni di ricognizione fotografica delle posizioni nemiche. In occasione dello sbarco a Bu Kemez, per permettere ai dirigibili di operare a quella distanza da Tripoli, furono anche tentate operazioni di rifornimento in mare, con grave rischio per le aeronavi a causa delle cattive condizioni meteo.

Il P.1 operò con base a Bengasi a partire dal 29 maggio, effettuando un totale di 9 missioni, fra cui una di bombardamento notturno. Il bilancio finale dell'impiego dei dirigibili fu di 136 ascensioni con il lancio di 360 bombe di vario tipo. In totale i due dirigibili effettuarono 127 missioni con una percorrenza di circa 10.000 km in territorio ostile.

Mentre continuavano le operazioni in Libia, si andava intanto allargando l'organizzazione aeronautica tanto in seno all'Esercito quanto nella Marina in cui venivano aumentate le scuole di volo e provato nuovo materiale: nelle Squadriglie dell'Aviazione per la Marina esordivano gli idrovolanti Curtiss.

Anche l'Impero ottomano disponeva di un'aviazione ancora allo stato embrionale (Osmanli tayyare bolukeri) le cui operazioni nel corso della Guerra di Libia furono del tutto ininfluenti.

Inoltre, la Gran Bretagna, che controllava militarmente l’Egitto e il Sudan, non permise al governo ottomano di inviare rinforzi che passassero attraverso il territorio egiziano, né i tentativi di acquistare aerei in Francia per inviarli al fronte attraverso l’Algeria riuscirono a concretizzarsi.

La componente aerea militare ottomana si sarebbe rafforzata non prima dello scoppio della prima guerra mondiale, grazie agli armamenti di nuova concezione donati dalla Germania e dell'Austria-Ungheria.

Dopo 3.431 morti e 4.220 feriti da parte italiana e 14.000 morti e 5.370 feriti da parte turca, il conflitto si concluse il 18 ottobre 1912 col trattato di Losanna che sancì la vittoria dell'Italia. Uno scontro militare che, per le nuove tecniche sviluppate, per molti osservatori fu successivamente considerato un prologo della prima guerra mondiale.

 

 

 

lunedì 20 ottobre 2025

L'Aeronautica Dalle Origini all'impiego Bellico. I Parte.

 

1.     DALLE ORIGINI ALL’IMPIEGO BELLICO

 

Da un punto di vista storico va considerato come primo aereo usato militarmente in Italia il biplano Wright 4 che Wilbur Wright, venuto a Roma su invito del Club Italiano Aviatori, lasciò in dotazione all’Italia dopo aver impartito il primo corso di pilotaggio al ten. Mario Calderara, brevetto di pilota numero 1 dell'Aviazione Italiana. Calderara istruì a sua volta il ten. Savoia e … così via.

Nell’ambito del Servizio Aeronautico, istituito il 6 novembre 1884 dal Regio Esercito Italiano e basato per oltre 30 anni sui “più leggeri dell'aria”, palloni aerostatici, impiegati come ricognitori già in Eritrea tra il 1887 e il 1888, e dirigibili, nel luglio 1910, l'Italia aveva costituito la Sezione Aviazione del Regio Esercito basata a Roma, sul campo di Centocelle dove, nello stesso anno, venne istituita la prima Scuola di Pilotaggio militare su biplani Farman, cui fecero seguito cinque monoplani Blériot, tutti acquistati in Francia.

Pochi altri velivoli erano distribuiti ad alcune unità dedicate dell'Esercito ma, nonostante la pubblicazione delle teorie di Douhet, a nessuno dei pianificatori degli Stati Maggiori sarebbe mai passato per la mente di adoperare quei goffi ed indifesi volatili meccanici per un impiego bellico fino al clamoroso debutto che si ebbe nel corso delle manovre svolte nel 1911 dal Regio Esercito nel Monferrato.

Per la prima volta i due partiti contrapposti disponevano di aeroplani, che furono impiegati unicamente per i servizi di osservazione e ricognizione. Si trattava di dieci velivoli (quattro aeroplani e una sezione aerostatica ciascuno, e due dirigibili assegnati di volta in volta), che si rivelarono utilissimi tanto da far trarre agli Stati Maggiori la convinzione che un nuovo, importantissimo mezzo di guerra era nato. Nello stesso anno e sulla fattiva esperienza delle manovre in Piemonte venne istituito ad Aviano il primo corso per ufficiali osservatori, cioè ufficiali che, trasportati in volo, avevano il compito di, appunto, “osservare” dall’alto la situazione tattica e riferire ai comandi sul campo affinché si potesse dare ordini più tempestivi ed efficaci alle unità combattenti. Era nata l'Aviazione Militare da ricognizione.

Queste timide e pur positive affermazioni iniziali dell'aeroplano in campo militare fecero sì che alla prima severa prova a cui fu chiamata la nazione, la guerra italo-turca, l'ancora embrionale struttura aeronautica, nel frattempo confluita nel “Battaglione Specialisti”, fosse mobilitata al completo.

La guerra alla Turchia fu diretta conseguenza dell'apertura del canale di Suez nel 1869 che aveva fatto riconquistare al Mediterraneo parte dell'importanza strategica perduta con l'apertura delle rotte atlantiche verso le Americhe e verso le Indie attraverso il capo di Buona Speranza. L'Italia si ritrovò ben presto al centro di questo rinnovato interesse per l'antico «Mare Nostrum» e comprese che non avrebbe potuto mantenere sufficientemente liberi, sicuri e soprattutto indipendenti i propri traffici marittimi senza il controllo di una parte del nord Africa. Quindi, il Governo italiano, allora presieduto da Giovanni Giolitti, decise l’attacco alla Libia, unica terra nord africana, controllata dell’Impero Ottomano in crescente difficoltà, quale sponda opposta alla Sicilia per creare una situazione di sufficiente sicurezza italiana nel Mediterraneo, all’epoca tutto sotto il controllo della Francia, che aveva stabilito colonie in Tunisia, Algeria e Marocco, e della Gran Bretagna, che aveva colonizzato Malta, l’Egitto e la Palestina e gestiva i due ingressi del Mediterraneo da Gibilterra e appunto da Suez.

Le grandi manovre del Monferrato, che avevano visto il Partito Azzurro e il Partito Rosso spiarsi a vicenda con le loro minuscole aviazioni da ricognizione, erano terminate da un mese giusto; il raid Bologna-Venezia-Rimini-Bologna, che aveva visti impegnati fuori concorso, e nettamente vittoriosi su alcuni piloti francesi, i nostri migliori aviatori militari, si era concluso da una settimana allorché, il 28 settembre 1911, l'Ordine "N. 1 Riservatissimo" del Comando Battaglione Specialisti dispose che il dipendente Reparto Aviazione fornisse una "Flottiglia Aeroplani" al Corpo d'Armata speciale da mobilitarsi “in zone pianeggianti d'oltre mare”. 

Il giorno dopo venivano assegnati alla richiesta "Flottiglia" cinque piloti: il capitano Carlo Maria Piazza (8º Reggimento artiglieria da campagna), il capitano Riccardo Moizo, il tenente Leopoldo De Rada, il sottotenente Ugo De Rossi e il sottotenente Giulio Gavotti.

Il 29 settembre 1911 iniziava la guerra di Libia: al canto di «Tripoli bel suol d'amore», un corpo di spedizione composto da 34.000 uomini attraversò il canale di Sicilia per iniziare le operazioni contro i 28.000 soldati posti dall'Impero Ottomano a difesa della Libia.

Un paio di settimane dopo l'inizio delle ostilità, la "Flottiglia Aeroplani", formata da 9 aeroplani: 2 Blériot XI, 3 Nieuport, 2 Farman e 2 Etrich Taube, fece il suo ingresso sul teatro bellico. I piloti erano 11, 5 con brevetto superiore (l’equivalente dell’odierna “prontezza all’impiego-combattimento”) e 6 con brevetto semplice, inquadrati nella 1ª Flottiglia Aeroplani, al comando del capitano Carlo Maria Piazza. Alla Flottiglia furono inoltre assegnati 6 piloti di riserva, forniti di brevetto semplice: il capitano Felice Scaparro, il capitano Costantino Quaglia, i tenenti Luigi Falchi, Igino Gilbert de Winckels, Ettore Marro e Andrea Poggi. Ad essi si aggiungevano 30 uomini di truppa comandati da un tenente ed un sergente, oltre ad altri 9 aerei privati di volontari civili.

Il reparto si imbarcò a Napoli il 12 ottobre e, superate molte difficoltà, poté stabilire un campo di fortuna a sud ovest di Tripoli, in una località chiamata Cimitero degli Ebrei. Gli aerei di costruzione francese erano equipaggiati con un motore rotativo Gnome da 50 CV raffreddato ad aria, mentre i Taube montavano il motore Austro-Daimler da 75 CV raffreddato ad acqua, soluzione che provocò diversi cali di potenza, dato che il sistema di raffreddamento era stato dimensionato per i climi centro-europei e non per il clima africano.

Altre macchine vennero inviate nel corso dei mesi successivi sia in Tripolitania che in Cirenaica. Una seconda squadriglia di aeroplani fu stabilita a Bengasi (un Blériot, un Farman ed un Asteria). Altre due squadriglie, su quattro aerei ciascuna e con piloti civili volontari, operarono da Derna e da Tobruk: qui esordì, affidato alla Squadriglia Volontari Civili, il biplano Breguet e alcuni altri tipi. Fortunatamente queste squadriglie, pur avendo aerei di tipo diverso, utilizzavano solo il motore rotativo Gnôme, riducendo quindi i problemi logistici per l'approvvigionamento di parti di ricambio.

La “Flottiglia Aeroplani” iniziò le operazioni in Libia il 23 ottobre 1911, giorno del primo volo bellico effettuato da Piazza con il suo Blériot (codice di identificazione “1”): si trattò di un volo di ricognizione “a vista”. Il 28 ottobre per la prima volta un aereo diresse il tiro di artiglieria della corazzata Sardegna sull'oasi di Zanzur.

L'osservazione aerea ebbe il suo primo notevole successo quando diresse il tiro di controbatteria italiano su una batteria di cannoni Krupp da 87 mm che teneva sotto tiro Tripoli, le maggiori difficoltà risiedevano nel comunicare in tempo utile ai comandi a terra i risultati della ricognizione. Solo in dicembre tuttavia fu possibile effettuare missioni di ricognizione fotografica, utilizzando una macchina "Bebè" Zeiss fornita dalla Sezione Fotografica del Genio. Il 15 gennaio 1912, operando sull'altopiano alla spalle di Derna, un aereo pilotato da Cagno (pilota civile) diresse il tiro dell'incrociatore Garibaldi sulle truppe turche. Dal 12 al 20 febbraio un Farman operò da Homs per effettuare ricognizioni nell'entroterra e dal 12 aprile un Nieuport operò da Farwa contro il traffico carovaniero proveniente dalla Tunisia, dirigendo anche il tiro delle batterie italiane in occasione di un attacco turco il 23 aprile.

In occasione di una ricognizione a Emme-Dauer presso Tobruk, il 31 gennaio 1912 fu ferito con un colpo di Mauser, l'onorevole capitano Carlo Montù, che prestava servizio volontario come osservatore su un Farman nella Flottiglia Aviatori Italiani: primo caso di membro dell'equipaggio di un aereo ferito dal fuoco da terra. Nel corso della guerra ci fu anche il primo pilota militare morto in azione, il sottotenente Manzini, che il 25 agosto 1912 precipitò in mare davanti a Tripoli con il suo aereo.

Gli aerei, inizialmente utilizzati per ricognizione, ben presto furono impiegati anche per il bombardamento delle colonne nemiche (Giulio Gavotti il 1º novembre 1911), usando bombe a mano da 2 kg. tipo Cipelli. Nel corso della guerra la specialità da bombardamento ebbe un'evoluzione continua, prima sostituendo le bombe Cipelli con le più potenti Haasen (sequestrate come preda bellica da una nave che le contrabbandava alle forze turche) dopo che erano state munite di un sistema ad elichetta per liberare la sicura della bomba solo dopo il lancio dall'aereo. Un grande passo avanti nel bombardamento aereo si ebbe l'11 febbraio 1912, quando ad un Blériot XI fu applicato sulla fiancata un tubo attraverso cui far cadere le bombe Bontempelli, studiate appositamente per l'impiego aeronautico. Ben presto, da Alessandro Cagno, venne realizzato "sul campo" un rudimentale dispositivo di mira, formato da una tabella graduata che dava un'inclinazione precisa alla cassetta o al tubo lanciabombe.

Il bilancio finale delle operazioni aeree nel corso della guerra fu di 712 voli con il lancio di alcune centinaia di bombe.

(Antonio Daniele)

venerdì 10 ottobre 2025

L'Aeronautica. Dall'origine alla Grande Guerra. Premessa.

 

1.     PREMESSA

 

Poter vedere dall’alto è sempre stato alla base dell’interesse militare: fin dall’antichità il generale comandante dirigeva la battaglia osservando da una posizione sopraelevata l’area dello scontro. Alla fine del XIX secolo, quindi, tutte le Forze Armate dei paesi più avanzati del mondo possedevano reparti di aerostati il cui scopo era di poter osservare la zona delle operazioni belliche da una posizione privilegiata e utile per riferire al Comando lo sviluppo delle stesse, i movimenti delle truppe, la posizione dei reparti avversari e anche per dirigere il tiro delle artiglierie con maggior precisione sugli obiettivi assegnati.

 Il 17 Dicembre 1903, sulla spiaggia di Kittyhawk, in Carolina del Nord, il Flyer 1, pilotato da Orville Wright, si staccava dal suolo per soli 12 secondi, ma realizzava il millenario desiderio dell'uomo di volare. Orville Wright effettuò altri tre voli prima di cedere i comandi al fratello Wilbur  che compì a sua volta quattro voli, l’ultimo dei quali si concluse con un atterraggio disastroso in cui l’aereo si danneggiò gravemente. Quel primo velivolo e i seguenti costruiti dai fratelli Wright avevano ancora ben poco a che fare con ciò che oggi definiamo aereo. Erano biplani, dovevano essere assistiti con una catapulta durante il decollo e possedevano una fragilità intrinseca che ne rendeva pericolosi e problematici persino i movimenti a terra.

 Da quel fatidico giorno ebbe inizio in tutto il mondo una continua e sempre più vasta sperimentazione di nuove macchine volanti. La Francia si affermò rapidamente come nazione leader nella ricerca e nello sviluppo di nuovi tipi di aeromobili, molti dei quali troveranno poi impiego bellico. Ma altri paesi non furono da meno e, sia in Europa, sia negli Stati Uniti, l’aviazione crebbe subito nell’interesse popolare e in quello industriale. Anche in Italia numerosi appassionati costruttori aeronautici cominciavano a progettare e realizzare aeroplani. Il primo volo di un aereo di concezione nazionale risale al 1909: si tratta del triplano del torinese ing. Faccioli.

 Negli ambienti militari però tale interesse non fu altrettanto immediato. I primi aeromobili non erano altro che pionieristici prototipi, esemplari unici pieni di difetti, difficili da pilotare ed altrettanto insicuri da controllare. Fu sempre nel 1909, che può essere considerato l’anno di nascita dell’aviazione italiana, che Giulio Douhet, all’epoca maggiore del Regio Esercito, presentò la prima esposizione teorica sul possibile uso militare dell’aeroplano, come fattore preponderante di superiorità nei conflitti, rappresentando quanto, secondo lui, sarebbe stato importante, oltre al dominio dei mari, anche quello dell'aria negli eventi bellici futuri.

 (Antonio Daniele)