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DALLE ORIGINI ALL’IMPIEGO BELLICO
Da un punto di vista storico va considerato come primo aereo usato
militarmente in Italia il biplano Wright 4 che Wilbur Wright, venuto a Roma su
invito del Club Italiano Aviatori, lasciò in dotazione all’Italia dopo aver
impartito il primo corso di pilotaggio al ten. Mario Calderara, brevetto di
pilota numero 1 dell'Aviazione Italiana. Calderara istruì a sua volta il ten.
Savoia e … così via.
Nell’ambito del Servizio Aeronautico, istituito il 6 novembre 1884 dal
Regio Esercito Italiano e basato per oltre 30 anni sui “più leggeri dell'aria”,
palloni aerostatici, impiegati come ricognitori già in Eritrea tra il 1887 e il
1888, e dirigibili, nel luglio 1910, l'Italia aveva costituito la Sezione Aviazione del Regio Esercito
basata a Roma, sul campo di Centocelle dove, nello stesso anno, venne
istituita la prima Scuola di Pilotaggio militare su biplani Farman, cui fecero
seguito cinque monoplani Blériot, tutti acquistati in Francia.
Pochi altri velivoli erano distribuiti
ad alcune unità dedicate dell'Esercito ma, nonostante la pubblicazione delle
teorie di Douhet, a nessuno dei pianificatori degli Stati Maggiori sarebbe mai
passato per la mente di adoperare quei goffi ed indifesi volatili meccanici per
un impiego bellico fino al clamoroso debutto che si ebbe nel corso delle
manovre svolte nel 1911 dal Regio Esercito nel Monferrato.
Per la prima volta i due partiti contrapposti disponevano di aeroplani,
che furono impiegati unicamente per i servizi di osservazione e ricognizione. Si
trattava di dieci velivoli (quattro aeroplani e una sezione aerostatica
ciascuno, e due dirigibili assegnati di volta in volta), che si rivelarono
utilissimi tanto da far trarre agli Stati Maggiori la convinzione che un nuovo,
importantissimo mezzo di guerra era nato. Nello stesso anno e sulla fattiva
esperienza delle manovre in Piemonte venne istituito ad Aviano il primo corso
per ufficiali osservatori, cioè ufficiali che, trasportati in volo, avevano il
compito di, appunto, “osservare” dall’alto la situazione tattica e riferire ai
comandi sul campo affinché si potesse dare ordini più tempestivi ed efficaci
alle unità combattenti. Era nata l'Aviazione Militare da ricognizione.
Queste timide e pur positive affermazioni iniziali dell'aeroplano in
campo militare fecero sì che alla prima severa prova a cui fu chiamata la
nazione, la guerra italo-turca, l'ancora embrionale struttura aeronautica, nel
frattempo confluita nel “Battaglione
Specialisti”, fosse mobilitata al completo.
La guerra alla Turchia fu diretta conseguenza dell'apertura del canale
di Suez nel 1869 che aveva fatto riconquistare al Mediterraneo parte dell'importanza
strategica perduta con l'apertura delle rotte atlantiche verso le Americhe e
verso le Indie attraverso il capo di Buona Speranza. L'Italia si ritrovò ben
presto al centro di questo rinnovato interesse per l'antico «Mare Nostrum» e
comprese che non avrebbe potuto mantenere sufficientemente liberi, sicuri e
soprattutto indipendenti i propri traffici marittimi senza il controllo di una
parte del nord Africa. Quindi, il Governo italiano, allora presieduto da
Giovanni Giolitti, decise l’attacco alla Libia, unica terra nord africana,
controllata dell’Impero Ottomano in crescente difficoltà, quale sponda opposta
alla Sicilia per creare una situazione di sufficiente sicurezza italiana nel
Mediterraneo, all’epoca tutto sotto il controllo della Francia, che aveva
stabilito colonie in Tunisia, Algeria e Marocco, e della Gran Bretagna, che
aveva colonizzato Malta, l’Egitto e la Palestina e gestiva i due ingressi del
Mediterraneo da Gibilterra e appunto da Suez.
Le grandi manovre del Monferrato,
che avevano visto il Partito Azzurro e il Partito Rosso spiarsi a vicenda con
le loro minuscole aviazioni da ricognizione, erano terminate da un mese giusto;
il raid Bologna-Venezia-Rimini-Bologna,
che aveva visti impegnati fuori concorso, e nettamente vittoriosi su alcuni
piloti francesi, i nostri migliori aviatori militari, si era concluso da una
settimana allorché, il 28 settembre 1911, l'Ordine "N. 1
Riservatissimo" del Comando
Battaglione Specialisti dispose che il dipendente Reparto Aviazione fornisse una "Flottiglia Aeroplani" al
Corpo d'Armata speciale da mobilitarsi “in
zone pianeggianti d'oltre mare”.
Il giorno dopo venivano assegnati alla richiesta
"Flottiglia" cinque piloti: il capitano Carlo Maria Piazza (8º Reggimento artiglieria da campagna),
il capitano Riccardo Moizo, il tenente Leopoldo De Rada, il sottotenente Ugo De
Rossi e il sottotenente Giulio Gavotti.
Il 29 settembre 1911 iniziava la guerra di Libia: al canto di «Tripoli bel suol d'amore», un corpo di
spedizione composto da 34.000 uomini attraversò il canale di Sicilia per
iniziare le operazioni contro i 28.000 soldati posti dall'Impero Ottomano a
difesa della Libia.
Un paio di settimane dopo l'inizio delle ostilità, la "Flottiglia
Aeroplani", formata da 9 aeroplani: 2 Blériot XI, 3 Nieuport,
2 Farman e 2 Etrich Taube, fece il suo ingresso sul teatro bellico.
I piloti erano 11, 5 con brevetto superiore (l’equivalente dell’odierna
“prontezza all’impiego-combattimento”) e 6 con brevetto semplice, inquadrati
nella 1ª Flottiglia Aeroplani, al comando del capitano Carlo Maria
Piazza. Alla Flottiglia furono inoltre assegnati 6 piloti di riserva,
forniti di brevetto semplice: il capitano Felice Scaparro, il capitano
Costantino Quaglia, i tenenti Luigi Falchi, Igino Gilbert de Winckels, Ettore
Marro e Andrea Poggi. Ad essi si aggiungevano 30 uomini di truppa comandati da
un tenente ed un sergente, oltre ad altri 9 aerei privati di volontari civili.
Il reparto si imbarcò a Napoli il 12
ottobre e, superate molte difficoltà, poté stabilire un campo di fortuna a sud
ovest di Tripoli, in una località chiamata Cimitero degli Ebrei. Gli aerei di
costruzione francese erano equipaggiati con un motore rotativo Gnome da 50 CV
raffreddato ad aria, mentre i
Taube montavano il motore Austro-Daimler da 75 CV raffreddato ad acqua, soluzione che
provocò diversi cali di potenza, dato che il sistema di raffreddamento era
stato dimensionato per i climi centro-europei e non per il clima africano.
Altre macchine vennero inviate nel corso dei mesi successivi sia in
Tripolitania che in Cirenaica. Una seconda
squadriglia di aeroplani fu stabilita a Bengasi (un Blériot, un Farman ed un Asteria).
Altre due squadriglie, su quattro aerei ciascuna e con piloti civili volontari,
operarono da Derna e da Tobruk: qui esordì, affidato alla Squadriglia
Volontari Civili, il biplano Breguet e alcuni altri tipi. Fortunatamente queste squadriglie, pur avendo aerei di tipo diverso,
utilizzavano solo il motore rotativo Gnôme, riducendo quindi i problemi
logistici per l'approvvigionamento di parti di ricambio.
La “Flottiglia Aeroplani” iniziò le operazioni in Libia il 23 ottobre 1911, giorno del primo volo bellico effettuato da Piazza con il suo Blériot
(codice di identificazione “1”):
si trattò di un volo di ricognizione “a vista”. Il 28 ottobre per la prima
volta un aereo diresse il tiro di artiglieria della corazzata Sardegna
sull'oasi di Zanzur.
L'osservazione aerea ebbe il suo
primo notevole successo quando diresse il tiro di controbatteria italiano su
una batteria di cannoni Krupp da 87 mm che teneva sotto tiro Tripoli, le
maggiori difficoltà risiedevano nel comunicare in tempo utile ai comandi a
terra i risultati della ricognizione. Solo in dicembre tuttavia fu possibile
effettuare missioni di ricognizione fotografica, utilizzando una macchina
"Bebè" Zeiss fornita dalla Sezione Fotografica del Genio. Il 15
gennaio 1912, operando sull'altopiano alla spalle di Derna, un aereo pilotato
da Cagno (pilota civile) diresse il tiro dell'incrociatore Garibaldi
sulle truppe turche. Dal 12 al 20 febbraio un Farman operò da Homs per
effettuare ricognizioni nell'entroterra e dal 12 aprile un Nieuport operò da
Farwa contro il traffico carovaniero proveniente dalla Tunisia, dirigendo anche
il tiro delle batterie italiane in occasione di un attacco turco il 23 aprile.
In occasione di una ricognizione a
Emme-Dauer presso Tobruk, il 31 gennaio 1912 fu ferito con un colpo di Mauser,
l'onorevole capitano Carlo Montù, che prestava servizio volontario come
osservatore su un Farman nella Flottiglia Aviatori Italiani: primo caso di
membro dell'equipaggio di un aereo ferito dal fuoco da terra. Nel corso della
guerra ci fu anche il primo pilota militare morto in azione, il sottotenente
Manzini, che il 25 agosto 1912 precipitò in mare davanti a Tripoli con il suo
aereo.
Gli aerei, inizialmente utilizzati
per ricognizione, ben presto furono impiegati anche per il bombardamento delle
colonne nemiche (Giulio Gavotti il 1º novembre 1911), usando bombe a mano da
2 kg. tipo Cipelli. Nel corso della guerra la specialità da bombardamento
ebbe un'evoluzione continua, prima sostituendo le bombe Cipelli con le più
potenti Haasen (sequestrate come preda bellica da una nave che le
contrabbandava alle forze turche) dopo che erano state munite di un sistema ad
elichetta per liberare la sicura della bomba solo dopo il lancio dall'aereo. Un
grande passo avanti nel bombardamento aereo si ebbe l'11 febbraio 1912, quando
ad un Blériot XI fu applicato sulla fiancata un tubo attraverso cui far cadere
le bombe Bontempelli, studiate appositamente per l'impiego aeronautico. Ben
presto, da Alessandro Cagno, venne realizzato "sul campo" un
rudimentale dispositivo di mira, formato da una tabella graduata che dava
un'inclinazione precisa alla cassetta o al tubo lanciabombe.
Il bilancio finale delle operazioni
aeree nel corso della guerra fu di 712 voli con il lancio di alcune centinaia
di bombe.
(Antonio Daniele)