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DALLE ORIGINI ALL’IMPIEGO BELLICO
Meno nota della flottiglia di aeroplani fu la Sezione Aerostatica, al comando del capitano Giovan Battista Pastine, su palloni frenati (draken) e, a partire dal marzo 1912, anche su dirigibili. La disponibilità di dirigibili per le forze armate italiane all'inizio della guerra era: 4 di modello piccolo (P), 2 di modello medio (M) ed uno floscio tipo Parseval 17. La gestione dei dirigibili avveniva attraverso reparti misti della Marina e dell'Esercito. I dirigibili tipo P (gli unici usati nel corso della guerra) avevano un volume da 4200 a 4700 m3, monomotori con navicella in legno che consentiva la discesa in acqua. Subito dopo lo scoppio della guerra, un cantiere dirigibili del battaglione specialisti basato presso Brindisi, iniziò ad effettuare ricognizioni sul Canale d’Otranto e sulle coste albanesi controllate dalla Turchia. Data l'opposizione dell'Austria-Ungheria, alleata dell’Italia nella Triplice Alleanza, che aveva una base militare a Cattaro, il cantiere nell'inverno 1911-12 venne trasferito a Tripoli.
Il 16 dicembre 1911 un uragano
travolse gli hangar in allestimento, danneggiando anche i dirigibili già
presenti (P.2 e P.3). La necessaria reinstallazione di un hangar capace di
contenere i due dirigibili e il riapprovvigionamento delle loro parti di ricambio,
ritardò l’inizio delle operazioni fino al 5 marzo 1912, quando fu effettuata la
prima missione di ricognizione in coppia il su Gargareh e Zanzur, col lancio di
bombe da parte del P.3. I dirigibili si dimostrarono buoni incassatori quando
colpiti dal fuoco di fucileria, e non furono mai colpiti dal tiro di
artiglieria che fu diretto contro di essi in diverse occasioni. La minore
velocità e soprattutto la maggiore disponibilità di spazio a bordo dei
dirigibili nei confronti degli aeroplani, consentì di effettuate più
proficuamente missioni di ricognizione fotografica delle posizioni nemiche. In
occasione dello sbarco a Bu Kemez, per permettere ai dirigibili di operare a
quella distanza da Tripoli, furono anche tentate operazioni di rifornimento in
mare, con grave rischio per le aeronavi a causa delle cattive condizioni meteo.
Il P.1 operò con base a Bengasi a
partire dal 29 maggio, effettuando un totale di 9 missioni, fra cui una di
bombardamento notturno. Il bilancio finale dell'impiego dei dirigibili fu di
136 ascensioni con il lancio di 360 bombe di vario tipo. In totale i due
dirigibili effettuarono 127 missioni con una percorrenza di circa
10.000 km in territorio ostile.
Mentre continuavano le operazioni in Libia, si andava intanto
allargando l'organizzazione aeronautica tanto in seno all'Esercito quanto nella
Marina in cui venivano aumentate le scuole di volo e provato nuovo materiale:
nelle Squadriglie dell'Aviazione per la Marina esordivano gli idrovolanti Curtiss.
Anche l'Impero ottomano disponeva di un'aviazione ancora
allo stato embrionale (Osmanli tayyare bolukeri) le cui operazioni nel corso
della Guerra di Libia furono del tutto ininfluenti.
Inoltre, la Gran Bretagna, che controllava militarmente l’Egitto e il
Sudan, non permise al governo ottomano di inviare rinforzi che passassero
attraverso il territorio egiziano, né i tentativi di acquistare aerei in
Francia per inviarli al fronte attraverso l’Algeria riuscirono a
concretizzarsi.
La componente aerea militare ottomana si sarebbe rafforzata
non prima dello scoppio della prima guerra mondiale, grazie agli armamenti di
nuova concezione donati dalla Germania e dell'Austria-Ungheria.
Dopo 3.431 morti e 4.220 feriti da parte italiana e 14.000 morti e
5.370 feriti da parte turca, il conflitto si concluse il 18 ottobre 1912 col
trattato di Losanna che sancì la vittoria dell'Italia. Uno scontro militare
che, per le nuove tecniche sviluppate, per molti osservatori fu successivamente
considerato un prologo della prima guerra mondiale.
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