lunedì 31 gennaio 2022

Lanfranco La Sanna. La grande guerra Le operazioni della Regia Marina sul fronte terrestre nell’Alto Adriatico III Parte

 


L’opera del naviglio leggero e dell’Aviazione Navale nella difesa dell’Alto Adriatico

Oltre all’appoggio diretto delle artiglierie sul fronte terrestre nel Basso Isonzo, oltre alla difesa costiera, la Marina appoggiava l'Esercito, come abbiamo visto sin dai primi giorni di guerra, con bombardamenti navali contro costa da parte di cacciatorpediniere. Non bisogna nemmeno dimenticare l’azione difensiva e offensiva dell’Aviazione Navale, che già dal 1916 iniziava a contrastare con maggiore efficacia quella più potente ed esperta austro ungarica; ma neppure va taciuta la guerra di mine, forse poco appariscente ma incessante e molto importante nell’ostacolare il traffico navale nemico e nel consentire il nostro; e così pure è da sottolineare la innovativa strategia tutta italiana del forzamento dei porti nemici da parte di torpediniere, MAS, barchini saltatori e mezzi d’assalto semi-subacquei, che non offriva un apporto diretto alle operazioni terrestri, ma costringeva le forze navali nemiche alla difensiva anche all’interno dei loro porti. Così parlava Thaon di Revel della nuova strategia: «Il vangelo delle operazioni della flotta dovrà sempre essere: arrecare maggior danno al nemico ricevendone il minimo, affidando a piccoli e veloci mezzi d’assalto il compito di condurre la strategia della battaglia in porto. Attaccando il nemico fin dentro le sue basi».                                                                      

 P. Thaon di Revel

È bene inoltre ricordare che gli aerei e gli idrovolanti che erano macchine estremamente delicate e che volavano a vista non disponendo di alcun strumento, quando dovevano attraversare un tratto di mare, erano assistiti dalle siluranti della RM che indicavano la rotta e intervenivano in casi di avaria e ammaraggio d’emergenza.

La “Spedizione punitiva” austro ungarica e le cinque battaglie dell’Isonzo del 1916 avevano accentuato il problema della carenza delle artiglierie di grosso calibro, che si ripresentò quindi in tutta la sua urgenza in vista di altri attacchi contro le forti posizioni nemiche. Perciò furono riprese le trattative tra Esercito e Marina per la cessione di ulteriori artiglierie navali. Il vice ammiraglio Cagni, sempre fortemente convinto dell’utilità che ne sarebbe derivata per l’Esercito senza danneggiare peraltro la flotta, fece da intermediario per organizzare un incontro tra il generale Cadorna e il Duca degli Abruzzi. L’incontro avvenne nei primi giorni del 1917 e fu raggiunta un’intesa tra i due, che però fu subito ostacolata dal Ministero della Marina e in seguito anche dal vice ammiraglio Thaon di Revel, al quale nel frattempo era stato affidato l’incarico, sia di Capo di Stato Maggiore della Marina, sia di comandante della Forze Navali Mobilitate, incarico che Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi era stato costretto a lasciare, ufficialmente, per motivi di salute. Così la richiesta di Cadorna fu notevolmente ridimensionata e furono consegnati all’Esercito solo 8 cannoni da 152/40, 8 cannoni da 149/27 A e 12 cannoni da 120/40 con le relative installazioni e munizionamento.

Comunque la cessione di pezzi di artiglieria continuò senza interruzione anche nei mesi successivi, tanto che nel maggio 1917 erano schierate sul Basso Isonzo 141 bocche da fuoco della Regia Marina, di cui 18 di grosso calibro e 48 di medio calibro, oltre a quelle gestite direttamente e completamente dall’Esercito.

Costituzione del Comando Marittimo nel Settore a levante di Porto Lignano.

Per coordinare i Comandi di Difesa Marittima di Grado e di Porto Rosega, nel marzo 1917 fu costituito il Comando Marittimo nel Settore a levante di Porto Lignano con sede a Terzo di Aquileia, al comando del contrammiraglio Paolo Marzolo, a sua volta alle dipendenze tattiche del Comando della 3a Armata. A metà del 1917 il comando della Difesa di Grado aveva una forza di 3.000 uomini, distribuiti tra le batterie e i distaccamenti nella laguna, disponeva di dieci batterie terrestri con 35 cannoni di vario calibro, di quattro batterie su natanti, di due monitori britannici, di una squadriglia di cannoniere, di una squadriglia di torpediniere costiere, di una squadriglia di MAS, di una sezione Motonautica del CNVM, di due squadriglie idrovolanti. Dipendevano dal Comando Difesa di Grado anche i mezzi del Genio Marina, del Genio Civile e del Genio Lagunare.

Il Comando Difesa Marittima di Porto Rosega, che aveva la sede nell’Isola Morosini, aveva una forza di 2.500 marinai distribuiti tra le varie batterie e comprendeva due batterie terrestri, dieci batterie su natanti con un totale di 18 cannoni di medio-grosso calibro e altri di calibro minore.

(continua)

 

 



[1]     Uso qui volutamente il noto termine tecnico riferito alla Guerra dei Sette Anni (1756-1763).

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